La tutela della salute degli stranieri irregolari in Italia tra situazione pandemica e problematiche di fondo

Approfondimento n. 13/2021                                      

Il sistema sanitario italiano, basato sul modello Beveridge, è di tipo pubblico e lo Stato assieme alle Regioni sono tenuti a garantirne il funzionamento: è loro compito quello di organizzare il Servizio sanitario nazionale (SSN), istituito con la legge n. 833/1978 e il Servizio sanitario regionale, attraverso i principi dell’universalità dei destinatari e la globalità delle prestazioni. Ai sensi dell’art. 32 della Costituzione, il diritto fondamentale alla salute è garantito a tutti gli individui prima ancora che cittadini, per il bene del singolo e della collettività.

Nel corso degli anni il legislatore ha adottato diverse misure volte a tutelare tutte quelle categorie ritenute vulnerabili dalla comunità internazionale. In primo luogo, per tutti gli stranieri, essi soggiornino regolarmente o meno sul territorio italiano, gli artt. 34-36 del d.lgs 286/1998, altresì noto come Testo Unico sull’Immigrazione (di seguito TUI) garantiscono, seppur in via differenziata, cure per i residenti in Italia. Inoltre, la legge n. 47/2017 ha introdotto la piena assistenza sanitaria per i minori stranieri non accompagnati. Un’altra disposizione da menzionare è il decreto-legge n. 113/2018, convertito dalla legge n. 132/2018, che determina le situazioni in cui la malattia può giustificare la permanenza dello straniero in Italia e rendere inefficace un decreto di espulsione dal territorio.

 Il TUI stabilisce che tutti coloro che soggiornano e lavorano regolarmente sul territorio nazionale, godono, assieme ai loro familiari, del diritto alla parità di trattamento e alla piena uguaglianza di diritti e doveri dei cittadini italiani. Inoltre, devono essere iscritti nelle liste del Servizio sanitario nazionale. È fondamentale precisare che l’iscrizione nelle liste del SSN. costituisce un obbligo per lo straniero ed è da tale obbligo che derivano i diritti all’assistenza sanitaria e la parità di condizione ai cittadini italiani e dei paesi membri dell’Unione Europea. Se lo straniero è regolarmente soggiornante, ma non svolge attività lavorativa, come nel caso degli studenti o dei turisti, l’iscrizione al S.S.N. è facoltativa e non obbligatoria ed in alternativa, è possibile stipulare polizze assicurative. Allo straniero non regolare, invece, sono garantite, nei presidi pubblici ed in quelli privati accreditati, le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti ed essenziali, ancorché continuative, per malattie ed infortuni, e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva. 

L’orientamento giurisprudenziale segue la distinzione dettata dal TUI, a farne da esempio è la sentenza della Corte Costituzionale n. 252/2001, in cui è stato chiarito come anche il non cittadino, in quanto persona fisicamente residente sul territorio, possa beneficiare del “nucleo irriducibile” della tutela del diritto alla salute. Tale nucleo fondamentale comprende le prestazioni urgenti ed essenziali, di cui all’art. 35, c. 3 TUI. La Corte stabilisce come questa sfera di tutela non possa essere negoziabile, né possa cedere rispetto ad altri interessi legati al fenomeno migratorio, come motivi di ordine pubblico, controllo dei flussi e il contenimento della spesa pubblica. La Corte avalla dunque, la distinzione tra chi gode del solo nucleo essenziale del diritto alla salute e chi invece dispone di un’assistenza sanitaria di più ampia portata.

Ai sensi dell’art. 35 TUI quindi, i cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, non in regola con le norme relative all’ingresso ed al soggiorno, possono ricevere una serie di cure dal carattere urgente ed essenziale tra cui:
-le vaccinazioni secondo la normativa e nell’ambito di interventi di campagne di prevenzione collettiva autorizzati dalle regioni;
-gli interventi di profilassi internazionale;
-la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai.

Dall’inizio della diffusione della pandemia di COVID-19, di fatto, nel nostro Paese diverse categorie di soggetti vulnerabili non sono riuscite ad accedere ai trattamenti sopracitati. Gli stranieri presenti in Italia hanno subìto ritardi nelle diagnosi della contrazione del virus e in alcuni casi, in merito alla vaccinazione e all’accesso alle cure anti-COVID, secondo quanto riportato dalla Società Italiana di Medicina delle Migrazioni in un dossier di maggio 2021, restano ancora esclusi 200.000 stranieri in attesa di regolarizzazione; 80.000 immigrati accolti in strutture d’accoglienza; 5.000 minori stranieri non accompagnati; 160.000 rom, sinti e caminanti, che hanno la cittadinanza italiana ma sono residenti in campi e non sono iscritti al Servizio sanitario nazionale; 50.000 italiani e stranieri senzatetto; 5.000 italiani e stranieri residenti in insediamenti informali e palazzi occupati. In generale quindi, in Italia vi sono ancora tra le 500.000 e le 700.000 persone che si trovano sprovviste della documentazione necessaria (permesso di soggiorno, carta di identità, codice fiscale e/o tessera sanitaria) per ottenere i trattamenti sanitari per la prevenzione e la cura del Covid-19.

Da un punto di vista giuridico, questo caso rappresenta un vulnus per i principi di equità, generalità ed universalità per la tutela della salute e l’accesso ai servizi sanitari; da un punto di vista epidemiologico, si parla di una categoria numerosa e pericolosa per la diffusione del contagio e, da un punto di vista amministrativo, si tratta di veri e propri invisibili della società che, per una pluralità di fattori, non hanno diritto alla tessera sanitaria o ad un medico di base. Nei mesi successivi alla diffusione del report della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni, in concerto con il Tavolo di Immigrazione e Salute, alcune Regioni hanno deciso di organizzare dei programmi vaccinali specifici nei confronti degli stranieri irregolari anche grazie alla mobilitazione da parte della società civile.

In aggiunta, va preso in considerazione il fattore politico-istituzionale che vede la “tutela della salute” una materia concorrente tra Stato e Regioni, in virtù del novellato art. 117 Cost. La competenza dell’assistenza sanitaria degli stranieri irregolari è rimasta in un limbo tra i poteri statali e regionali e nel frattempo, a seconda dei governi e del loro colore politico, sono state prese decisioni inclusive o esclusive, causando un vero e proprio conflitto in materia di prestazioni sociali. Quella che all’origine doveva essere complementarietà tra Stato e Regioni è così sfociata in una deriva regionalista, con ben 21 sistemi sanitari differenti, dove l’accesso a servizi e prestazioni è diversificato ed iniquo e dipendente da fattori governativi, economici e sociali. 

Anche alla luce dell’Accordo Stato-Regioni del 20 dicembre 2012, si pone quindi necessaria una armonizzazione dei vari Sistemi Sanitari Regionali in relazione, ad esempio, alle competenze statali esclusive in materia di immigrazione e quelle concorrenti in materia di tutela della salute. 

Alcune ipotesi potrebbero essere, ad esempio, inserire le figure dei mediatori culturali all’interno delle strutture ospedaliere, oltre che la semplificazione delle procedure burocratiche e dell’organizzazione dei servizi e la promozione di strumenti amministrativi che possano garantire la tutela della salute degli stranieri: ne è un efficace esempio il tesserino STP (Straniero Temporaneamente Presente). Si tratta di una misura alternativa adottata ormai da diverse regioni italiane che permette, a chi è sprovvisto di permesso di soggiorno, di avere accesso alle principali cure, anche continuative. Tale tesserino ha una durata complessiva di 6 mesi, è rinnovabile e permette di ricevere assistenza sanitaria di base, di essere ricoverati per urgenze e con day hospital e di ricevere cure ambulatoriali e ospedaliere, urgenti o comunque essenziali, anche se continuative, per malattie o infortunio.

Appare quanto mai necessario, in conclusione, non solo ai fini della limitazione del contagio da pandemia per COVID-19, rafforzare in termini giuridici, tecnici, pratici ed operativi la governance sanitaria nazionale e regionale ed il coordinamento verticale tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, affinché nessuno, in particolar modo i soggetti maggiormente più vulnerabili della società, restino esclusi da cure e servizi sanitari, corollario del fondamentale diritto alla salute garantito dalla nostra Costituzione.
 

Alessandro Bellavista
Studente del Master in Tutela internazionale dei diritti umani “Maria Rita Saulle”
 

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