La disparità di genere nel mondo in base al Global Gender Gap Report del 2018
The Global Gender Gap Report 2018
Approfondimento n. 37/2019
Il Global Gender Gap Report è uno strumento elaborato dal World Economic Forum per comprendere e analizzare la portata delle disparità basate sul genere, oltre che per tracciarne lo sviluppo nel tempo. Il Report relativo all’anno 2018 riporta la condizione di disparità di genere presente in 149 Paesi del mondo, evidenziando i progressi riportati dagli stessi nei diversi ambiti analizzati: partecipazione e opportunità economiche, istruzione, salute, empowerment politico. L’obiettivo principale dello studio è di creare una maggiore sensibilizzazione e una consapevolezza globale rispetto alle sfide poste in essere dalle disparità di genere, con lo scopo di ridurne la portata e gli effetti.
Tra i quattro ambiti, a livello globale, la disparità più grande si registra in quello dell’empowerment politico, nell’ambito del quale le donne sono ancora poco rappresentate anche all’interno dei Paesi in cima alla classifica (come l’Islanda). Infatti, solo 17 Paesi al momento presentano donne come capi di Stato. A seguire si trovano la partecipazione e le opportunità economiche, dove a livello mondiale solo il 34% delle donne ricopre posizioni manageriali. Per gli ambiti dell’istruzione e della salute, invece, la parità di genere è stata quasi raggiunta. In cima alla classifica, come Paese che presenta la minore disparità di genere si trova l’Islanda, seguita da altri tre Stati del Nord Europa (Norvegia, Finlandia e Svezia). Al momento, la previsione temporale prevede che ci vorranno 108 anni in totale per una completa eliminazione del gap della disparità di genere.
Per quanto riguarda l’Europa occidentale, la parità di genere raggiunge il 75,8%, ovvero una performance nettamente superiore rispetto alle altre regioni del mondo. Nonostante ciò, tra gli Stati europei si riscontra la variazione di performance più ampia: nell’ambito dell’empowerment politico la differenza tra le performance migliori (Islanda, Norvegia, Finlandia) e quelle peggiori (Grecia, Cipro, Malta) risulta essere del 50%, mentre nell’ambito della partecipazione economica è pari al 20%.
La situazione dell’Italia riguardo le disparità di genere non è tra le migliori, trovandosi alla 77° posizione a livello mondiale e tra gli ultimi Paesi dell’Europa occidentale, in cui si trova al 17° posto, seguita solo da Grecia, Malta e Cipro. Rispetto al Global Gender Gap Report del 2006 ha migliorato il suo punteggio totale, ma persistono ancora grosse lacune. Analizzando nello specifico gli ambiti presi in considerazione, infatti, si nota come all’interno dell’ambito economico l’Italia presenti maggiori difficoltà riguardo l’eguaglianza di retribuzione per lavori simili (trovandosi al 126° posto della classifica mondiale e presentando un punteggio nettamente sotto la media) e riguardo la presenza di donne che ricoprono posizioni manageriali ovvero, in base alla definizione fornita dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL – ILO) all’interno dell’ International Standard Classification of Occupations (ISCO-08), coloro che si occupano di pianificare, dirigere, coordinare e valutare le attività complessive di un’impresa, di governi o altre organizzazioni e che ne formulano e ne rivedono le politiche e i regolamenti. Inoltre, in ambito lavorativo, le donne risultano essere tra coloro che sono più scoraggiate a cercare lavoro, la loro presenza tra gli impiegati part-time è nettamente superiore rispetto agli uomini, oltre ad essere tra coloro che svolgono più lavori non pagati come ad esempio lavori domestici, cura della famiglia o altre attività legate alla contesto familiare. Un ulteriore ambito critico è quello dell’empowerment politico, dove l’Italia presenta punteggi bassi riguardo al numero di donne in Parlamento (35,7% di donne e 64,3% di uomini, punteggio che supera di poco la media presentata dagli altri Paesi in classifica), donne in posizioni ministeriali (27,8% donne contro 72,2 % uomini). Non da ultimo, inoltre, in Italian non ci sono mai state donne che hanno ricoperto la carica di Presidente della Repubblica negli ultimi 50 anni, nell’ambito del quale l’Italia è fanalino di coda, avendo avuto solo uomini a ricoprire la più alta carica dello Stato.
L’ambito dell’istruzione, invece, segue l’andamento mondiale, dove la piena parità di genere è stata quasi raggiunta e in cui sono maggiori le donne rispetto agli uomini riguardo l’iscrizione e la frequenza di corsi di istruzione terziaria, in cui l’Italia si trova al primo posto della classifica. Anche nell’ambito della sanità è stata praticamente raggiunta la piena parità. Le donne presentano un punteggio più alto degli uomini rispetto all’aspettativa di vita e risultano essere in netta minoranza riguardo le morti provocate da ferite autoinflitte.
Questa analisi fornisce l’opportunità di vedere come la figura della donna sia ancora nettamente subordinata, soprattutto in ambiti chiave come quello della partecipazione economica e dell’empowerment politico. Nonostante siano stati fatti passi in avanti, il report mostra che il potenziale contributo apportabile da uomini e donne all’interno della società appare tutt’oggi diverso e squilibrato. Questa consapevolezza dovrebbe portare a comprendere che occorre fare di più in termini di giustizia sociale, in quanto è impensabile che in questo modo società intere si trovino a rinunciare alle capacità, idee e al contributo di più della metà dell’umanità, minando la possibilità di un futuro più prosperoso dove uomini e donne abbiano le stesse opportunità e vengano considerati su un piano egualitario. Nello specifico, anche l’Italia, nonostante appartenga ai paesi più industrializzati del mondo, presenta grosse lacune in merito e si trova molto lontano dalla completa realizzazione della piena uguaglianza di genere.
Dott.ssa Chiara Marani
Master in Tutela dei diritti umani “Maria Rita Saulle” a.a. 2018-19