Inizia tra le polemiche il mandato del terzo Procuratore della Corte penale internazionale

Approfondimento n. 5/2021                                                                                      

Il 12 febbraio 2021 l’Assemblea degli Stati parti dello Statuto di Roma ha eletto al secondo scrutinio con 72 voti a favore Karim Ahmad Khan come prossimo Procuratore della Corte penale internazionale. Dopo l’argentino Luis Moreno-Ocampo e la gambiana Fatou Bensouda, Karim Ahmad Khan assumerà il 15 giugno 2021 la carica di Procuratore della Corte per i prossimi 9 anni. L’elezione ha attirato numerose critiche legate al processo di selezione e alla mancanza di un controllo adeguato che assicurasse l’“alto carattere morale” dei candidati. La figura di Khan ha suscitato divisioni nette in un momento in cui la Corte deve affrontare sfide cruciali e in cui l’Ufficio del Procuratore sarà incaricato di affrontare questioni legate alla credibilità e alla legittimità della Corte stessa.

Karim Khan è un avvocato britannico con grande esperienza internazionale presso i tribunali penali internazionali e le Nazioni Unite. Attualmente è assistente del Segretario generale delle Nazioni Unite e consigliere speciale a capo dell’Investigative Team to Promote Accountability for Crimes Committed by Da’esh/ISIL (UNITAD). Nel  rapporto di valutazione il Committee on the Election of the Prosecutor (CEP)  lo ha definito come un comunicatore carismatico con una buona padronanza del diritto  internazionale penale e una adeguata conoscenza del  contesto globale in cui opera la Corte, in possesso di  un alto profilo tecnico e pronto ad  impegnarsi per creare un ambiente di lavoro senza molestie.

La figura del Procuratore generale è disciplinata dall’art. 15 dello Statuto di Roma. L’articolo prevede che il Procuratore può aprire inchieste e chiedere di rinviare a giudizio gli accusati su denuncia di uno Stato, in base ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza o anche di propria iniziativa. Il Procuratore valuta la serietà delle informazioni ricevute e ne può chiedere ulteriori agli Stati, agli organi delle Nazioni Unite, alle organizzazioni intergovernative e non governative o ad altre fonti affidabili che appaiono appropriate. Il Procuratore riveste un ruolo cruciale e, in breve, rappresenta il motore  della Corte penale internazionale. In virtù di questa delicata posizione, secondo l’art. 42, co. 3, il Procuratore ed i vice-procuratori “shall be persons of high moral character, be highly competent in and have extensive practical experience in the prosecution or trial of criminal cases”. 

Il processo di selezione che ha portato all’elezione di Khan è stato preparato da un Panel of Experts (POE), revisionato dal CEP e approvato dall’Assemblea degli Stati parti (ASP). Tale processo è stato definito dai Presidenti del CEP e del POE come innovativo, trasparente e inclusivo, ma ha attirato molteplici critiche da parte della società civile. Le lamentele erano inerenti alla mancanza di un processo di controllo adeguato e professionale per verificare l’alto carattere morale dei candidati, soprattutto per quanto riguarda il tema delle molestie sul posto di lavoro. Altra criticità è rappresentata dal fatto che il Comitato ha dato la disponibilità a ricevere informazioni sui candidati da parte degli Stati e della società civile, ma le lamentele hanno evidenziato che non esisteva un meccanismo per ricevere e valutare le denunce di cattiva condotta dei candidati. Inoltre, secondo le organizzazioni della società civile  l’annuncio del posto vacante del Procuratore avrebbe posto troppa enfasi sulle competenze tecniche a discapito dei requisiti morali, il cui possesso è invece indispensabile per non mettere a repentaglio la stessa reputazione della Corte.

In ogni caso, l’elezione dell’avvocato britannico è stata molto divisiva e a tal proposito è importante riportare la posizione delle Ong africane. Chi ha sostenuto l’elezione ha evidenziato come Khan fosse un candidato eccezionale e di  comprovata esperienza. I sostenitori, infatti, considerano Khan come una persona dalla più alta integrità morale che durante tutta la carriera ha dimostrato rigore ed indipendenza. In altre parole, si tratterebbe di un tecnico di alta caratura morale. Aspre critiche invece sono giunte soprattutto da parte delle Ong keniote a causa del suo passato di avvocato difensore davanti alla Corte penale internazionale di William Ruto, allora Vicepresidente del Paese africano, accusato di aver perpetrato i crimini contro l’umanità di omicidio (art. 7(l), lett. a dello Statuto di Roma), deportazione o trasferimento forzato di popolazione (art. 7(l), lett.d) e persecuzione (art. 7(l), lett. h).  

Il caso Ruto è stato archiviato poiché alla base vi era un errore giudiziario determinato da intollerabili     interferenze sui testimoni e da diverse ingerenze politiche. Secondo il giudice del caso, Eboe-Osuji, il primo elemento che ha contribuito alla creazione di tale atmosfera è stato il manifestarsi di una forte ostilità in Kenya verso il processo. Secondo le Ong, Khan avrebbe assunto il ruolo del portavoce del secondo uomo più potente del Kenya contribuendo, consapevolmente o meno, al clima ostile contro la stessa Corte. L’establishment keniota ha infatti dipinto il caso come un tentativo, da parte di interessi esterni, di determinare un cambio di regime in Kenya. A ciò si aggiunge che, nel 2016, Khan ha partecipato personalmente ad un raduno politico di “ringraziamento” per la chiusura del caso tenuto dal Presidente Kenyatta e dal Vicepresidente Ruto. In quell’occasione Khan si è rivolto alla folla dichiarando che non avrebbe permesso ad un altro kenyota di essere processato di fronte a un tribunale straniero. Khan sarebbe pertanto andato ben oltre il suo ruolo di avvocato difensore. A venire in rilievo sono, secondo le Ong,  i potenziali conflitti di interesse nell’ipotesi in cui Khan dovesse ricevere nuove informazioni sul caso o intraprendere una nuova indagine  durante il suo mandato.

Analogamente, un altro elemento che susciterebbe perplessità sulla figura di Khan è relativo al suo ruolo di avvocato difensore di Saif al-islam Gheddafi, accusato di essere penalmente responsabile per i crimini contro l’umanità di omicidio (art. 7(l), lett. a) e persecuzione (art. 7(l), lett. h). Il caso è ancora pendente e il mandato di arresto è stato emesso il 27 giugno 2011. Gheddafi era detenuto a Zintan, in Libia, ma, nel luglio 2016, l’avvocato ha affermato che il suo cliente era stato liberato e che era stato trasferito in una località segreta dopo che il governo di Tripoli aveva annullato la sua condanna. Successivamente Khan avrebbe presentato una richiesta alla Corte Penale Internazionale per far cadere tutte le accuse rivolte al suo assistito. 

Tali eccezioni fanno riferimento ad una discussione avviata già prima dell’adozione dello Statuto della Corte. Durante il negoziato, in special modo con riferimento al Procuratore della Corte penale internazionale, era sorta la questione relativa all’autonomia nell’avvio dell’azione penale e, di conseguenza, della non controllabilità delle scelte o delle inazioni del Procuratore nello svolgimento di questo ruolo. Ai sensi dell’art. 15, il Procuratore ha il potere di procedere anche ex-officio, ma l’esercizio di tale potere è subordinato ad un’autorizzazione della Camera preliminare. Tale meccanismo sembrerebbe garantire un controllo sull’azione, ma non sull’inazione del Procuratore. Quanto detto, infatti, potrebbe sollevare dei dubbi circa l’imparzialità del neo-procuratore e, a tal proposito, è utile far riferimento alle disposizioni presenti negli artt. 40-42 dello Statuto. 

L’esistenza di una situazione tale da mettere ragionevolmente in dubbio l’imparzialità implicherebbe un obbligo di astensione e, di riflesso, ne legittimerebbe la ricusazione. La stessa CEP, nel suo addendum, ha evidenziato che, in virtù dei i suoi precedenti impegni da avvocato difensore, vi sarebbe stata la necessità di ricorrere a ricusazioni multiple. La ricusazione è un istituto di carattere procedurale previsto, per il Procuratore, all’art. 42, co.7, dello Statuto, il quale sancisce che né il Procuratore né i Vice-procuratori possono partecipare alla soluzione di una questione in cui la loro imparzialità potrebbe essere ragionevolmente contestata per un motivo qualsiasi, compromettendo la credibilità dell’esercizio delle proprie funzioni e la loro corretta esplicazione.

L’unica ipotesi esplicita viene ravvisata nell’essersi già occupati davanti alla Corte dello stesso caso o, in una giurisdizione penale nazionale, di fatti connessi riguardanti la persona indagata davanti alla Corte. Tale istituto cerca di esprimere l’esigenza di imparzialità e tenta di ristabilire, almeno formalmente, la corretta applicazione del diritto. Le disposizioni dello Statuto sono integrate dalle Rules of Procedure and Evidence della Corte, nella fattispecie dalle regole da 33 a 35. Queste ricomprendono anche l’ipotesi della presenza di un interesse personale nel caso o la lite pregressa con l’indagato, il previo esercizio di funzioni che possano aver indotto la formazione di un’opinione sul caso, e, infine, la manifestazione attraverso i mass-media di opinioni che potrebbero influire in modo negativo sull’imparzialità del giudice, del Procuratore o dei Vice-procuratori. In virtù di queste disposizioni il Procuratore uscente Bensouda è stato informato da Khan che si ricuserà da qualsiasi caso in cui un conflitto di interessi possa essere percepito come derivante dalla sua precedente rappresentanza di sospetti o accusati.

Vi è però un ulteriore aspetto da non sottovalutare. Nel preambolo e nell’art. 1 dello Statuto di Roma si evidenzia che la Corte penale internazionale è complementare alle giurisdizioni penali nazionali. In altre parole, l’esercizio delle giurisdizioni nazionali è prioritario rispetto alla giurisdizione della Corte penale internazionale, anche quando il Procuratore dà avvio di propria iniziativa ad un’inchiesta. Si tratta del principio di complementarietà della Corte, il cui meccanismo (che regola le questioni relative alla procedibilità) è disciplinato dagli artt. 17-20. Tale principio è di vitale importanza in quanto la cooperazione con gli Stati permette di facilitare le funzioni del Procuratore come  nel caso di inchieste sul territorio di uno Stato o di raccolta ed esame di elementi probatori.

Oltre al passato di Kharim Khan occorre quindi far riferimento alla posizione degli Stati africani in quanto la distribuzione dei casi pendenti in tutto il mondo solleva molteplici controversie. Ad oggi non è stato ancora emesso un mandato d’arresto o una citazione a comparire ad un “non-africano” e ciò ha suscitato molteplici critiche da parte degli Stati africani che hanno accusato la Corte di neocolonialismo “per il suo accanirsi contro i leader africani”. Questo ha suscitato molte volte delle difficoltà nella cooperazione con gli Stati africani. Se questa viene meno il rischio è quello di mettere in crisi il sistema istituito dallo Statuto di Roma poiché la cooperazione è necessaria per far eseguire i mandati di arresto, rafforzare la comunità creata dallo Statuto e assicurare il sostegno finanziario e politico alla Corte.

In conclusione, la figura Karim Ahmad Khan sembrerebbe essere stata scelta dagli Stati parti in virtù del suo profilo tecnico e della sua abilità di comunicatore carismatico. L’ASP sembrerebbe aver optato per un personaggio che potrebbe, almeno potenzialmente, rinsaldare la comunità della Corte penale internazionale anche in virtù del suo passato  di difensore di alcuni leader africani. In ogni caso, occorre notare che l’elezione è avvenuta a scrutinio segreto e non attraverso il meccanismo del consensus. Permangono però dei dubbi sulla tutela sostanziale che riceveranno le vittime soprattutto per quanto riguarda i casi ancora pendenti, o relativamente a nuovi possibili casi, in Kenya. Come abbiamo visto, tramite l’istituto della ricusazione vi è una garanzia prevalentemente procedurale mentre vi sono ancora dubbi sull’esistenza di una garanzia sostanziale poiché mancherebbe un meccanismo di controllo idoneo a verificare l’alto carattere morale dei candidati, anche attraverso la ricezione e la valutazione di denunce sulla  cattiva condotta dei candidati alla carica di Procuratore della Corte.

Rainer Maria Baratti 

Studente del Master in “Tutela internazionale dei diritti umani Maria Rita Saulle”  

Link e contributi utili

A. Del Vecchio, I Tribunali internazionali tra globalizzazione e localismi, 2015, Bari 

L. P. Rossetti, La travagliata elezione del terzo Procuratore della Corte penale internazionale: riflessioni sul processo di selezione e conseguenze sulla legittimazione dell’istituzione, SIOI, Disponibile su https://www.osorin.it/uploads/model_4/.files/70_item_2.pdf?v=1620899861

D. Marchesi, The Election of the Third ICC Prosecutor and the Challenges Ahead, in Ordine internazionale e diritti umani, 2/2021, pp. 433-440, disponibile su http://www.rivistaoidu.net/sites/default/files/1_TPI_2_2021_0.pdf

C. Jalloh, S. Nölke, The ICC Assembly of States Parties’ Selection Process for the Third ICC Prosecutor, in OpinioJuris, 24 April 2020, disponibile su http://opiniojuris.org/2020/04/24/icc-prosecutor-symposium-the-icc-assembly-of-states-parties-selection-process-for-the-third-icc-prosecutor/

HUMAN RIGHTS WATCH, International Criminal Court Prosecutor Elected: Karim Khan Should “Rise to the Challenge”, 12 febbraio 2021, disponibile su https://www.hrw.org/news/2021/02/12/international-criminal-court-prosecutor-elected

International Criminal Court, Assembly of States Party, Report of the Committee on the Election of the Prosecutor, Addendum, ICC-ASP/19/INF.2/Add.3, disponibile su https://asp.icc-cpi.int/iccdocs/asp_docs/ASP19/ICC-ASP-19-INF2-Add3-ENG-CEP-additional-appraisals.pdf

NGO Letter Supporting Karim Khan QC, in Opinio Iuris, 8 gennaio 2021, disponibile su http://opiniojuris.org/2021/01/08/ngo-letter-supporting-karim-khan-qc/   

The Prosecutor v. William Samoei Ruto and Joshua Arap Sang, ICC-01/09-01/11

The Prosecutor v. Saif Al-Islam Gaddafi, ICC-01/11-01/11

The Guardian, Gaddafi son Saif al-Islam ‘freed after death sentence quashed disponibile su https://www.theguardian.com/world/2016/jul/07/gaddafi-son-saif-al-islam-freed-after-death-sentence-quashed