Il Consiglio d’Europa riconosce Julian Assange come prigioniero politico

Approfondimento n. 5/2024                                                            

La storia di Julian Assange è stata per diversi anni al centro delle cronache, contornata da una serie di risvolti giudiziari (e non solo) che presentano un certo interesse giuridico. Dalla fondazione di Wikileaks nel 2006 fino agli sviluppi più recenti, quella di Assange è sempre stata una vicenda controversa caratterizzata da gravi violazioni del diritto internazionale, in particolare del diritto internazionale dei diritti umani.

In questo contributo tenteremo di ripercorrere brevemente questa tormentata storia giudiziaria mettendo in evidenza le principali violazioni dei diritti umani che l’hanno contraddistinta e che sono state puntualmente richiamate nella risoluzione 2571 del 2 ottobre 2024, adottata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che ha ufficialmente riconosciuto Julian Assange come prigioniero politico.

Ripercorrendo rapidamente gli eventi, occorre, in primo luogo, ricordare che cos’è Wikileaks e quali sono state le rivelazioni giornalistiche più discusse. Come si può facilmente intuire dal nome (leak vuol dire “perdita”, “fuga”) Wikileaks è una piattaforma che consente di pubblicare, in modo anonimo, documenti segreti su diversi temi.

Grazie a Wikileaks, Assange ha ricevuto numerose onorificenze (come la medaglia d’oro per la Pace dalla Fondazione Sydney Peace) ed è stato proposto diverse volte per il Premio Nobel per la pace; tuttavia, l’attività di Wikileaks non è sempre stata sinonimo di benefici e onorificenze. Assange, infatti, ha avuto non solo il merito, ma secondo alcuni anche la colpa di aver portato alla luce, attraverso la sua organizzazione giornalistica, diverse gravi violazioni del diritto internazionale che sarebbero state commesse dall’esercito statunitense. La pubblicazione di documenti secretati ha dato inizio ad una battaglia legale con gli Stati Uniti che, dopo un lungo braccio di ferro, ha visto il programmatore australiano trionfare solo negli ultimi tempi con il riconoscimento dello status di prigioniero politico da parte dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e l’insperato ritorno alla libertà.

La vicenda giudiziaria con gli Stati Uniti comincia quando nel corso del 2010 Assange, grazie alle informazioni fornite dalla whistleblower Chelsea Manning, ex soldatessa dell’esercito americano, pubblica i famosi Cablegate, Afghanistan War Logs e Iraq War Logs. Il primo consiste nella pubblicazione di circa 251.287 documenti contenenti informazioni confidenziali, trasmessi da diverse ambasciate statunitensi al dipartimento di Stato USA; il secondo nella pubblicazione di documenti che rivelavano informazioni sull’uccisione di civili da parte di truppe statunitensi e britanniche; infine, nel terzo caso, Wikileaks diffonde 17 minuti di video in cui si mostra l’assassinio di dodici civili iracheni in un attacco statunitense.

Da qui nasce la controversia giudiziaria di Assange, la quale inizia, quasi pretestuosamente, con un’accusa di reati sessuali in Svezia per i quali si è sempre dichiarato innocente ma per cui verrà arrestato nel Regno Unito nel dicembre del 2010 in seguito a un mandato di arresto internazionale; verrà, però, subito rilasciato su cauzione e la decisione sull’estradizione verrà adottata solo nel novembre del 2011, quando l’Alta Corte di Londra dà il via libera alla richiesta dalla Svezia. In seguito al rigetto del ricorso contro l’estradizione, Assange si rifugerà nell’ambasciata dell’Ecuador di Londra dove riceverà asilo politico. Nel novembre del 2019, tuttavia, la Svezia archivia il caso per mancanza di prove. Lungo tutta la durata del procedimento svedese Assange ha sempre negato le accuse sostenendo si trattasse solo di un pretesto per estradarlo dalla Svezia agli Stati Uniti dove l’avrebbe aspettato un processo per spionaggio. In effetti, secondo il governo di Washington Assange avrebbe dovuto rispondere dei crimini contenuti nell’Espionage Act del 1917 che avrebbero potuto portarlo a una condanna di ben 175 anni di prigione o, addirittura, alla pena di morte.

La svolta, come anticipato, ci sarà nel 2019 quando l’ambasciata dell’Ecuador revoca l’asilo ad Assange e permette alle autorità britanniche di arrestarlo.

Da quel momento, Assange è stato detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra, in attesa che la corte inglese si pronunciasse sull’estradizione verso gli Stati Uniti.

Nella prigione londinese le condizioni psicofisiche di Assange e la sua detenzione in isolamento per alcuni anni hanno generato in diverse organizzazioni non governative ma anche internazionali (in particolare Amnesty international, Human Rights Watch e anche il Consiglio d’Europa) fondate preoccupazioni circa il trattamento di Assange, inducendole a protestare e a denunciare gravi violazioni dei diritti umani. La voce più autorevole tra queste denunce è quella di Nils Melzer, special rapporteur delle Nazioni Unite sulla tortura o altri trattamenti inumani o degradanti dal 2016 al 2022, che in seguito ad una visita ad Assange in carcere definì il trattamento riservatogli da Stati Uniti, Regno Unito, Svezia ed Ecuador come una “criminalizzazione del giornalismo d’inchiesta”.

La vicenda di Julian Assange si è finalmente conclusa il 24 giugno 2024, quando, dopo aver patteggiato con il Governo statunitense una pena di 5 anni di reclusione (già scontati nel carcere londinese), è stato finalmente scarcerato dalle autorità britanniche.

Ora che abbiamo ripercorso cronologicamente gli eventi della controversa storia giudiziaria di Julian Assange possiamo esaminare, nel dettaglio, le gravi violazioni dei diritti umani che l’hanno caratterizzata e che sono state puntualmente richiamate nella risoluzione 2571, con cui l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha ufficialmente riconosciuto il fondatore di Wikileaks come prigioniero politico.

Più precisamente, nella risoluzione 2571 l’Assemblea parlamentare ricorda, innanzitutto, che le società democratiche non possono prosperare senza la circolazione di una informazione libera e rammenta come la libertà d’espressione, sancita nell’art. 10 della CEDU e nell’art. 19 del Patto sui diritti civili e politici, sia stata violata nella vicenda, per alcuni aspetti “persecutoria”, ai danni di Assange, a causa del trattamento sproporzionato subito dall’australiano (par. 16 della risoluzione). A questo proposito, infatti, l’Assemblea afferma che le misure adottate contro Julian Assange creano “a dangerous chilling effect and a climate of self-censorship affecting all journalists, publishers and others reporting matters” (par. 10 della risoluzione).

In maniera simile si è espresso il rapporteur dell’Assemblea parlamentare, Thórhildur Sunna Ævarsdóttir, che nel rapporto 16040 (su cui si basa la risoluzione) rammenta: “charging someone  with an offence or detaining him or her on suspicion of committing an offence, interfere with exercising their freedom. […] It affects not only the person directly concerned by the authorities’ response but creates a climate of self-censorship affecting all journalists, publishers, or others”. Lo stesso Melzer aveva riscontrato tale violazione quando parlava di criminalizzare il giornalismo d’inchiesta.

Inoltre, Ævarsdóttir nel suo rapporto precisa, altresì, che “freedom of expression applies not only to “information” or “ideas” that are favourably received or regarded as inoffensive but also to those that offend, shock or disturb the State […]”.

Nella risoluzione 2571, però, non vengono evidenziate soltanto le violazioni del diritto alla libertà di espressione. Al paragrafo 5 del documento, infatti, si sottolinea che Assange ha lamentato anche la violazione dell’articolo 3 della CEDU secondo cui “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. La violazione è diretta conseguenza delle condizioni di detenzione a cui Assange è stato sottoposto nel carcere di Belmarsh, soprannominato la Guantanamo Britannica; a questo proposito, l’Assemblea ricorda che “Assange had been exposed to progressively severe forms of cruel, inhuman or degrading treatment or punishment, the cumulative effects of which can only be described as psychological torure – e l’Assemblea – finds it concerning that the authorities of the United Kingdom” appear to have ignored thesse opinions, further aggravating Mr. Assange’s situation (paragrafo 18 della risoluzione).

In aggiunta, l’Assemblea non esclude che le misure adottate contro Julian Assange possano aver rappresentato un tentativo degli Stati Uniti di “hide wrongdoings of State agents rather than to protect national security” (paragrafo 12 della risoluzione).

La parte più significativa della risoluzione 2571, tuttavia, è al paragrafo 19. Qui, l’Assemblea del Consiglio d’Europa, considerando il trattamento sproporzionato e il rischio di una condanna a vita, dichiara ufficialmente Julian Assange prigioniero politico affermando che tutte le violazioni subite dal giornalista “fulfil the criteria set out in Résolution 1900 (2012) (The definition of political prisoner) and warrant the designation of Mr. Assange as a political prisoner”. Ai sensi della risoluzione, infatti, una persona privata della propria libertà è da considerarsi “prigioniero politico” se la sua detenzione: viola uno dei diritti fondamentali garantiti dalla CEDU; avviene per motivazioni politiche; (sempre per motivi politici) ha una lunghezza sproporzionata, la persona viene discriminata durante la detenzione, la detenzione è il risultato di procedimenti illeciti.

Dopo aver ricordato le gravi violazioni dei diritti umani commesse ai danni di Julian Asange ed averlo considerato prigioniero politico, l’Assemblea parlamentare, nella risoluzione 2571, rivolge agli stati coinvolti una serie di raccomandazioni.

Nello specifico, l’Assemblea del Consiglio d’Europa ritiene che gli Stati Uniti debbano da un lato riformare la legge sullo spionaggio escludendo dalla sua applicazione i giornalisti e dall’altro avviare un’indagine effettiva sui crimini portati alla luce da Wikileaks.

Al Regno Unito raccomanda di rivedere la legge sull’estradizione e di indagare sul trattamento riservato a Julian Assange durante la detenzione per “establishing whether he has been exposed to torture or inhuman or degrading treatment or punishment, pursuant to their international obligations”.

Nel paragrafo 25 della risoluzione, l’Assemblea si rivolge anche agli organi di stampa esortandoli a “establish robust protocols for handling and verifying classified information”, questo sia per evitare problemi di sicurezza nazionale sia per evitare che il caso Assange possa ripetersi con conseguenti rischi per la libertà di stampa e per i diritti umani.

Benché la vicenda di Julian Assange sembri avere un lieto fine vista la sua recente scarcerazione, fanno riflettere le parole del giornalista australiano pronunciate il 2 ottobre 2024. Per la prima volta dopo il suo rilascio, Assange, in un’audizione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, ha dichiarato: “oggi non sono libero perché il sistema ha funzionato. Oggi sono libero perché dopo anni di detenzione mi sono dichiarato colpevole di aver fatto giornalismo […]”.

Chiara Paparazzo

Studentessa del Master in Tutela internazionale dei diritti umani “Maria Rita Saulle”

Materiali e link utili

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, https://www.echr.coe.int/documents/d/echr/convention_ita

Discorso di Julian Assange al Consiglio d’Europa, https://www.coe.int/it/web/portal/-/julian-assange-to-attend-a-pace-hearing-in-strasbourg-on-his-detention-and-conviction-and-their-chilling-effect-on-human-rights-1

Risoluzione 2571, La detenzione e la condanna di Julian Assange e i loro effetti sui diritti umani dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, https://pace.coe.int/pdf/3bcf020c978f23daead9691e2b28e25326cdb4b7172f3a106051e2510666f1fb

Rapporto 16040, La detenzione e la condanna di Julian Assange e i loro effetti sui diritti umani dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, https://pace.coe.int/pdf/02d6ac8085f2102f40fd9f50f8594ff7accd610a2f06c91467e1def857b0a8b8?title=Doc.%2016040.pdf

Risoluzione 1900/2012 del Consiglio d’Europa, Definizione di prigioniero politico, https://pace.coe.int/pdf/af0777c4da96235fad8dc75732e47687265aa9aa2ba55882e05ba329b49f87a3?title=Res.%201900.pdf