I Principi del Decent Work nella Care Economy tra i temi della 112° Sessione dell’ILC

Approfondimento n. 2/2024                                                            

Dal 3 al 14 giugno 2024 si è svolta a Ginevra la 112° Sessione della Conferenza Internazionale del Lavoro, organo assembleare dell’Organizzazione che discute e stabilisce gli standard internazionali in materia di lavoro e le politiche generali dell’ILO.

Fra i comitati dalla Conferenza per questa edizione, il General Discussion Committee on Decent Work and the Care Economy, si è occupato delle condizioni di lavoro nella cosiddetta care economy, alla luce dei principi di decent work, sviluppati dall’ILO in connessione con l’Agenda 2030. Il tema era già stato affrontato nel 2023 dalla 46° Commissione del Consiglio per i Diritti Umani che l’11 ottobre del 2023 aveva adottato una risoluzione dal titolo “Centrality of care and support from a human rights perspective” dove si sollecitavano gli Stati, tra le altre cose, ad attuare tutte le misure necessarie per: riconoscere e ridistribuire il care work; garantire alle persone svantaggiate, l’accesso universale alle cure; fornire maggiori tutele alle lavoratrici ed ai lavoratori del settore della care economy.

Sul tema è tornata anche la Conferenza dell’ILO che ha prodotto un dettagliato rapporto in cui si analizzano gli aspetti più problematici della care economy.

La care economy è un termine dai confini incerti sviluppato negli ultimi anni nel sistema ONU ed in particolare all’interno dei lavori dell’ILO. Ricomprende l’insieme eterogeneo di coloro che si occupano dell’assistenza e della cura di malati, persone anziane, con disabilità, o infanti o particolari vulnerabilità; dietro retribuzioni o gratuitamente, in strutture specifiche o a casa, nelle cure dirette della persona o indirette (come il personale di pulizia). Tra le professionalità si possono citare, solo a titolo esemplificativo, il personale sanitario, educatori, baby-sitter, collaboratori domestici, ecc.… Negli ultimi anni diversi fattori, quali l’aumento della popolazione mondiale, il progressivo invecchiamento e i cambiamenti climatici hanno reso sempre più centrale e indispensabile questo variegato mondo di professioni. Il COVID-19 con l’alto numero di contagi e morti anche in ambito sanitario ha accesso i riflettori dell’opinione pubblica e della politica sulla importanza della care economy, ma anche sulle carenze all’interno di ospedali e cliniche, nondimeno in paesi economicamente sviluppati.

Numeri alla mano, nel 2018 si contano nel settore della care economy circa 381 milioni di lavoratori (251 mln nell’assistenza sanitaria, 70,1 mln di lavoratori domestici, e il resto composto dagli operatori sanitari), per la maggior parte donne (249 milioni, oltre il 70%). Alto è il numero di lavoratori migranti: nel solo settore infermieristico, 1 lavoratore su 8 è migrante. Per quanto riguarda la tipologia di contratti l’ILO stima che l’81,2% dei lavoratori domestici sia impiegato in modo informale, il doppio rispetto ad altri settori.

Nel lungo report prodotto a margine della Conferenza viene mostrato come la care economy soffra ancora di molte carenze nella retribuzione, condizioni di lavoro e tutele dei diritti dei lavoratori. Tranne poche professioni molto specializzate, gli operatori sono spesso sottopagati. Dati UE indicano che il salario di chi lavora nell’assistenza a lungo termine è minore della media nazionale dei salari, con un grave divario fra uomini e donne e fra migranti e non migranti.

Chi lavora nel settore è posto davanti a numerosi rischi per la salute: biologici, chimici, fisici, ergonomici e psicosociali. Inoltre, lavorando a stretto contatto con l’utenza o al contrario all’interno delle mura domestiche, sono stati registrati frequentemente abusi verbali, fisici e sessuali nei confronti del personale che opera nel settore della care economy. Secondo uno studio dell’Eurofound (Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro) su un periodo di un mese, il 12% degli operatori sanitari impiegati nei servizi di assistenza a lungo termine nell’UE sono stati esposti a violenza fisica, il 26% ha subito violenza verbale/abusi, l’11% è stato minacciato e l’8% è stato umiliato, vittima di bullismo o molestato. Anche in Italia sono ormai all’ordine del giorno le aggressioni o fenomeni di devastazione all’interno dei locali di pronto soccorso, ad opera dell’utenza. Aggressioni che spesso spingono il personale, sentendosi abbandonato dalle istituzioni, a rinunciare al loro lavoro a causa dello shock e della paura per il possibile ripetersi del fenomeno.

Il settore soffre di un accentuato gender gap per quanto riguarda sia i salari che le condizioni di lavoro. Dei lavoratori non pagati il 76,2 % sono donne, molte di queste straniere, le quali subiscono una doppia discriminazione sul posto di lavoro, sia per motivi di genere che di razza. Non mancano, come sopra riportato, gli episodi di violenza sul lavoro. Si aggiunga che la mancanza di tutele per la maternità spinge molte donne a rinunciare al lavoro. Nel report, peraltro, è stato evidenziato come le donne incontrino particolari difficoltà negli avanzamenti di carriera, in particolar modo a seguito di una gravidanza.

Fra le più vulnerabili ci sono le lavoratrici domestiche, molte di queste sono sottopagate o non ricevono nessun compenso economico. Bisogna ricomprendere in questo gruppo anche l’assistenza e la cura in famiglia, basata sul solo rapporto parentale e affettivo. Un elevato numero di lavoratrici domestiche non ha accesso ai diritti del lavoro e ad una protezione sociale per il semplice fatto di non essere considerate lavoratrici: spesso non hanno un contratto scritto o sono esplicitamente escluse dalle legislazioni sul lavoro. In Kuwait, ad esempio, dove le lavoratrici domestiche sono spesso migranti, sono stati segnalati casi di confisca del contratto da parte di datori e agenzie e la privazione di diritti basilari come i giorni di riposo. Inoltre, vi è da parte delle organizzazioni la difficoltà di sindacalizzare questo settore, anche se negli ultimi anni, sia a livello locale che internazionale, si nota un aumento di iscritte ai sindacati (ad esempio la IDWF) e lo sforzo di diversi stati (Sud Africa, Colombia, ecc.…) di regolarizzare il settore.

Inoltre, anche nella care economy, specialmente nel lavoro domestico, l’ILO e l’UNICEF hanno evidenziato la piaga del lavoro minorile forzato. In questo settore si contano 7,11 milioni di minori fra i 5 e i 17 anni, di cui 4,4 milioni sono ragazze e bambine. In generale, ricomprendendo sia gli adulti che i minori, il lavoro domestico ottiene il triste primato di essere fra i 5 settori con il più alto tasso di lavoro forzato.

In generale si nota come i principali limiti alla tutela dei lavoratori che operano nella care economy siano riconducibili a quattro macro-cause: vuoti legislativi, difficoltà di controlli, difficile sindacalizzazione e mancanza di una “cultura del rispetto e dell’inclusività” (legata al sessismo e alla xenofobia purtroppo diffusa nelle nostre società) da parte di chi ricorre a questo tipo di cura e assistenza.    

Le criticità fin qui elencate sono state accentuate ed evidenziate dalla pandemia da COVID-19 che, con l’altissimo numero di vittime, ha segnato le nostre società da un punto di vista umano e sociale. Nel 2022 il tema della sanità, del suo funzionamento e mal funzionamento, ha riempito le pagine dei giornali e le news dei media. In tutto ciò, il personale sanitario ha tentato di affrontare al meglio e con le poche risorse a disposizione la crisi pandemica. A livello mediatico, si è usato e spesso abusato della parola “eroi”. Abusato, non perché questi sforzi non siano degni di stima, ma perché suona ipocrita definire tali, persone che cercavano di fare semplicemente il loro lavoro, ma lasciate in balia degli eventi dalle istituzioni. Fuor di retorica, la pandemia ha mostrato i numerosi problemi nell’economia della cura, in particolare: carenza di manodopera e carenza di personale (l’OMS stima una carenza prevista di 18 milioni di operatori sanitari entro il 2030, per lo più nelle mansioni più basse); difficoltà nel reclutare e trattenere gli operatori sanitari; orari di lavoro e carichi di lavoro eccessivi che sommati all’intensità fisica ed emotiva del lavoro di cura, hanno spesso provocato fra medici e infermieri fenomeni di burnout, mettendo in luce ancora una volta l’importanza di adeguate misure di salute e sicurezza, compresa l’adozione di  DPI e la prevenzione all’esposizione a violenza e molestie. Anche per quanto riguarda le aggressioni, sarebbe necessario svolgere attività di sensibilizzazione rivolta all’utenza al fine facilitare la comprensione delle dure condizioni di lavoro in cui operano medici e infermieri.

Alla luce di tutte queste problematicità, l’ILO ha guardato alla care economy e alle politiche da adottare per migliorarla, nell’ottica dell’Agenda 2030 e dei principi del decent work. Questa definizione è stata coniata dall’ILO per ricomprendere quelle che devono essere le caratteristiche di un’occupazione di qualità che sappia, cioè, rispettare i diritti umani, sociali ed economici fondamentali. Soprattutto si vuole sottolineare che per lo sviluppo umano non basta creare posti di lavoro, ma è necessario crearne di dignitosi. Questa necessità è divenuta ancora più urgente per molti Stati dopo che la crisi finanziaria del 2008 aveva portato alla perdita di un elevato numero di posti di lavoro. Il decent work è così diventato una Agenda a sé che racchiude quattro macro-obiettivi (con l’eguaglianza di genere come obiettivo trasversale) prioritari per l’ILO:  

  • Creare lavoro: l’economia deve generare opportunità di investimenti, imprenditorialità, sviluppo di competenze, garantire posti di lavoro e mezzi di sussistenza;
  • Garantire i diritti del lavoro: ottenere il riconoscimento e il rispetto dei diritti di tutti i lavoratori. Garantire per tutti i lavoratori, in particolare quelli poveri o svantaggiati, la rappresentazione e la partecipazione sindacale e promuovere l’adozione di leggi che operino nei loro interessi.
  • Estendere la protezione sociale: promuovere sia l’inclusione che la produttività per assicurare che donne e uomini godano di condizioni lavorative sicure; permettere un adeguato riposo e tempo libero (anche nell’ottica degli impegni famigliari); provvedere ad una adeguata compensazione in caso di perdita o riduzione degli introiti e assicurare l’accesso ad una adeguata assistenza sanitaria;
  •  Promuovere il dialogo sociale: coinvolgere organizzazioni sindacali e imprenditoriali che siano forti eindipendenti ai fini di incrementare la produttività, risolvere le dispute dei lavoratori e creare una società coesa.  

Questi quattro pilastri, già di per sé ambiziosi, sono stati poi sviluppati e meglio definiti nell’Agenda 2030, incontrandosi e “fondendosi” con le altre grandi sfide di questo progetto: l’agricoltura sostenibile, lo sviluppo urbano sostenibile, la tutela degli ambienti naturali, ecc…. Tutte queste tematiche vengono così declinate a tutela di chi lavora in questi settori. In particolare, si può leggere nel Goal 3: Good Healt and Well-Being:

Healthy workers and decent and safe working conditions increase the productive capacity of the workforce. Conversely, lack of access to medically necessary health care, as well as occupational injuries and diseases, often drive people out of the workforce and into poverty. At the same time, the health sector is employing ever more people around the world who also need decent working conditions to deliver universal access to needed health care.

Per inquadrare le politiche messe in atto o da mettere in atto per la care economy nell’ottica del decent work e dell’Agenda 2030, l’ILO ha sviluppato il 5R Framework for Decent Care Work, che racchiude i molteplici obiettivi in 5 direttrici (di seguito vengono riportati solo alcuni degli obiettivi più importanti ed esemplificativi):

  •  Recognize, reduce and redistribuite unpaid care work: ricomprendere il lavoro di cura non retribuito nelle legislazioni nazionali, cercando di favorire la formazione e l’inserimento lavorativo di chi vi opera e creando un quadro legislativo anche per i lavoratori familiari;
  • Reward: More and decent work for care workers: regolamentare e attuare termini e condizioni di lavoro dignitosi e raggiungere la parità di retribuzione per un lavoro di pari valore per tutti i lavoratori dell’assistenza;
  • Representation, social dialogue and collective bargaining for care workers: garantire la piena partecipazione delle donne ai sindacati, promuovere la libera organizzazione in sindacati, promuovere il dialogo tra le parti sociali e un’alleanza fra sindacati e società civile.  

I lavori del General Discussion Committee on Decent Work and the Care Economy si sono conclusi con l’adozione, il 14 giugno 2024, della  ILC.122/Resolution V: Resolution concerning decent work and the care economy. Nella risoluzione, che in apertura chiede al Direttore Generale la stesura di un piano d’azione sul decent work e sulla care economy per l’attuazione delle conclusioni, da sottoporre all’esame del Governing Body nella sua 352° Sessione (prevista per l’autunno 2024) si è ribadita la rilevanza di questo settore per tutto lo sviluppo sociale, il cui buon funzionamento non è solo un diritto, ma anche un argine alle problematicità e alle disuguaglianze che affliggono la nostra società:

A well-functioning and robust care economy is critical for building resilience to crises, including pandemics, and brain drain, and for achieving gender equality and inclusion, and addressing other inequalities, promoting economic and social development, a human-centred approach to the future of work, just transition and social justice

Il testo, pur riconoscendo il grande sforzo che molti Stati, anche in via di sviluppo, stanno portando avanti per migliorare le condizioni di lavoro, specialmente delle donne, invita i primi ad una sempre maggiore attenzione al mondo della cura e dell’assistenza. Nel farlo, subito dopo aver riconosciuto come la care economy sia composta sia dal settore pubblico che dal settore privato, ricorda fra i principi guida per le policies degli Stati che:

Just as labour is not a commodity, labour in the care economy is not a commodity. All people should be able to provide and receive care, including self-care

Infine, è riportato per esteso l’elenco degli obiettivi che gli Stati devono raggiungere: dalla parità nelle retribuzioni e l’eliminazione degli stereotipi di genere allo sviluppo di un ambiente sano, passando per la formazione dei lavoratori. Anche l’ILO non si tira indietro da questa sfida elencando quali dovranno essere i propri compiti: promozione di standard internazionali, supporto delle politiche nazionali, specialmente attraverso i Decent Work Country Programmes (DWCPs) e strumenti di pianificazione a livello nazionale elaborati dall’ILO insieme ai Governi. Da sottolineare il ruolo dell’International Training Center con sede a Torino a cui spetta il compito di organizzare la formazione che mira allo sviluppo e al monitoraggio di politiche di cure inclusive. In conclusione, tutti le problematiche sopra evidenziate come anche la lunghezza e l’ampiezza a 360° dei due elenchi di obiettivi che chiudono la Risoluzione dà a colpo d’occhio l’idea di quanto sia ancora lunga e difficile la strada da percorrere per garantire effettivamente gli standard del decent work nella care economy.

Francesco Libero Pirro

Studente del Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani “Maria Rita Saulle”

Materiali e link utili

Sito dell’Organizzazione internazionale del Lavoro: www.ilo.org

ILO, Decent Work and the care economy in https://www.ilo.org/resource/conference-paper/decent-work-and-care-economy

Addati Laura, Cattaneo Umberto, Esquivel Valeria e Valarino Isabel, Care Work and Care Jobs for the future of decent work, ILO, 2018 in https://www.ilo.org/publications/major-publications/care-work-and-care-jobs-future-decent-work

HCR, A/HRC/RES/54/6: Centrality of care and support from a human rights perspective, 2023 in https://digitallibrary.un.org/record/4025103?v=pdf

ILO, Decent Work and the 2030 Agenda for Sustainable Development, in https://www.ilo.org/sites/default/files/wcmsp5/groups/public/@europe/@ro-geneva/@ilo-lisbon/documents/event/wcms_667247.pdf

General Discussion Committee on Decent Work and the Care Economy, pagina ufficiale che contiene tutti i documenti di lavoro inhttps://www.ilo.org/international-labour-conference/112th-session-international-labour-conference/general-discussion-committee-decent-work-and-care-economy-112th-session

ILO, Decent Work in the Care Economy, 2020 in https://www.youtube.com/watch?v=5LX51zdidWA

ILO, What is Decent Work?, 2015 In https://www.youtube.com/watch?v=mZpyJwevPqc

ILO, Securing decent work for nursing personnel and domestic workers, key actors in the care economy, 2022 in https://www.ilo.org/resource/conference-paper/ilc/110/securing-decent-work-nursing-personnel-and-domestic-workers-key-actors-care

ILO, Decent Work Country Programmes, in https://www.ilo.org/about-ilo/how-ilo-works/results-based-management/decent-work-country-programmes