I diritti umani in Siria
Report of the Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab Republic
Approfondimento n. 16/2019
Giunta al suo quarto mandato, la Commissione internazionale d’inchiesta sulla Repubblica araba di Siria, istituita in seno al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite nell’agosto 2011, ha reso note le conclusioni della sua indagine sui presunti crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati all’interno del paese, con la presentazione del diciassettesimo Rapporto durante l’ultima sessione dello Human Rights Council (25 febbraio-22 marzo 2019).
Secondo le testimonianze raccolte e analizzate dai tre commissari, Paulo Sérgio Pinheiro, Karen Abuzayd e Hanny Megally, nonostante la significativa de-escalation del conflitto registrata nel territorio siriano nel semestre luglio 2018 – gennaio 2019, attacchi e scontri armati diffusi hanno continuato a ferire e uccidere civili – inclusi donne e bambini – e ad alimentare la situazione già critica e precaria – tanto a livello socioeconomico, quanto umanitario – che opprime lo stato siriano e la sua popolazione da oltre otto anni. Alla generale assenza dello stato di diritto e alla grave carenza di servizi fondamentali (come assistenza medica, accesso all’istruzione, cibo e acqua potabile), si sono aggiuntialtri fenomeni che hanno di fatto aggravato lo stato di caos e instabilità in cui versa il paese. Il riferimento è ai frequenti saccheggi e all’appropriazione indebita di beni e proprietà private, all’inutilizzabilità di infrastrutture essenziali – tra cui scuole e ospedali -, alla mancanza di documenti identificativi validi, nonché alle pessime condizioni igieniche, ai deficit securitari e alla diffusa impunità per serie violazioni dei diritti umani (tra cui, detenzioni e arresti arbitrari, sparizioni forzate e sequestri di persona – soprattutto di medici e operatori umanitari -, gravi discriminazioni di genere, violazioni del diritto ad un equo processo, tortura e maltrattamenti) perpetrate, a seconda dei casi, dalle forze filo-governative e dai membri dei vari gruppi armati coinvolti nel conflitto, compresi i terroristi dell’ISIL.
Neanche i successi dell’esercito di Damasco e delle altre forze filo-governative nelle città di Fu’ah e Kafrayae nelle regioni sud orientali del paese (tra Dar’a e Qunaytirah), e l’accordo turco-russo per la creazione di una zona demilitarizzata nel nord-ovest del paese, sono riusciti a porre fine alle violenze, che continuano infatti a produrre effetti devastanti sulla popolazione locale, in particolare – ma non solo – nei governatorati di Idlib, Aleppo, Dayr al-Zawr e Suwayda’.
Ad aggravare ulteriormente la crisi della Repubblica siriana, vi è la questione dei milioni profughi costretti ad abbandonare le proprie abitazioni e a vivere in condizioni spesso precarie e drammatiche. La Commissione ha osservato, al riguardo, che oltre ai tre milioni di civili che vivono ancora sotto il regime oppressivo dei terroristi, il numero di sfollati interni e rifugiati che rischiano di non poter tornare in sicurezza nelle proprie case raggiunge quasi i dodici milioni in totale.
Alla luce delle testimonianze raccolte e delle osservazioni elaborate nel corso dell’indagine, la Commissione, oltre ad auspicare l’avvio di un dialogo serio e concreto in grado di risolvere il prima possibile i problemi della popolazione civile, garantendo ad ogni individuo libertà e diritti fondamentali, ha anche raccomandato l’avvio di un processo di ritorno e reintegrazione immediato e sicuro per i civili costretti a fuggire, il ripristino delle infrastrutture essenziali, la divulgazione di notizie certe sui civili detenuti e scomparsi, e una maggiore assistenza e protezione per la popolazione colpita degli scontri armati ancora in corso nel paese, nell’attesa di una sostanziale e permanente riduzione delle ostilità.
Marta Panaiotti
Tutor del Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani