Esame preliminare della CPI in Colombia: analisi dei possibili standard d’indagine

Le principali tappe storiche del processo di pace in Colombia

A partire dal 2002 la Corte penale internazionale (Corte o CPI) assunto un ruolo centrale ma controverso all’interno del sistema di diritto internazionale penale in rapida evoluzione. Con un numero di adesioni allo Statuto di Roma (o Statuto) pari a 123 Stati, nelle intenzioni dei suoi architetti essa avrebbe dovuto offrire la promessa di responsabilità per gravi violazioni dei diritti umani (anche a fronte di impunità a livello domestico), scoraggiare future violazioni, aiutare la risoluzione dei conflitti e promuove i fragili processi di pace. 

Per quelle che sono le sue competenze, sebbene questo paese avesse ratificato lo Statuto il 5 agosto del 2002, la Corte pose sotto esame preliminare la situazione in Colombia soltanto a partire da giugno 2004, dovendosi inoltre conformare alla dichiarazione colombiana ai sensi dell’art. 124 dello Statuto che ne escludeva la competenza sui crimini di guerra (la cui efficacia sarebbe cessata il 1° novembre 2009). Nel 2005 l’Ufficio del Procuratore (Procura o OTP) informava il governo colombiano di aver ricevuto informazioni su presunti crimini contro l’umanità commessi da attori non statali quali le Forze Armate rivoluzionarie dell’Esercito popolare Colombiano (FARC – EP). A partire da questo momento, l’OTP avrebbe seguito la situazione al fine di decidere se aprire un’indagine sui suddetti crimini.

Dopo oltre sei anni di negoziati, il governo colombiano e le FARC-EP raggiunsero un accordo di pace nel novembre 2016. A differenza di altri precedenti negoziati, i diritti delle vittime vennero posti al centro della questione; tale accordo, infatti, progettava una serie di meccanismi transitori per proteggere e garantire i diritti delle vittime, chiamati Sistema Integral de Verdad, Justicia, Reparación y no Repetición (Sistema Integrato di Verità, Giustizia, Riparazione e non Ripetizione). Esso dunque proponeva un nuovo equilibrio tra le esigenze della giustizia e della pace, attraverso il perseguimento dei crimini più gravi e di massa e muovendo da un approccio di giustizia riparativa piuttosto che retributiva (M. ROCIO QUINTERO, Three major challenges the Special Jurisdiction for Peace in Colombia faces, in OpinioJuris, 2019, p. 1 s).

Nel marzo del 2018 venne poi ufficialmente istituita la Jurisdicción Especial para la Paz (Giurisdizione Speciale per la Pace , o JEP) ovvero un tribunale composto da 38 giudici, negoziato bilateralmente tra le FARC e il governo colombiano, il cui mandato era quello di indagare e perseguire quegli autori di gravi crimini ai sensi dello Statuto di Roma e delle convenzioni internazionali ratificate dalla Colombia che avessero deciso di sottoporsi alla giurisdizione della JEP. In aggiunta, per evitare incompatibilità con il diritto internazionale umanitario e lo Statuto, nel 2018 la Corte costituzionale colombiana eliminò la clausola di amnistia sui c.d. reati politici.

In vista della conclusione del suo mandato e del subentro del successore, Karim Khan, nel 2019 l’allora Procuratore della CPI Fatou Bensouda si impegnò a prendere decisioni su tutte le situazioni sottoposte a esame preliminare. Tenendo fede alla dichiarazione sopracitata, Bensouda stilò un rapporto intitolato “Situation in Colombia. Benchmarking Consultation”, pubblicato il 15 giugno 2021, nel quale esponeva le ragioni per le quali la situazione in Colombia avrebbe dovuto rimanere sotto esame preliminare e proponeva alcuni spunti di riflessione su cui lavorare prima che la Corte si potesse esprimere definitivamente sull’apertura delle indagini o sulla conclusione dell’esame preliminare stesso (Ufficio del Procuratore, Statement of ICC Prosecutor, Fatou Bensouda, inviting stakeholders to consult on the development of a benchmarking framework for the Situation in Colombia, 2021). 

Poche settimane dopo la sua entrata in carica, il 28 ottobre 2021, il nuovo Procuratore Karim Khan annunciava di aver deciso di chiudere l’esame preliminare sulla situazione in Colombia e di aver concluso un Accordo di cooperazione con il governo della Colombia. Con questo accordo, la Procura rinnovava il proprio impegno per i processi di responsabilità nazionale e definiva ulteriormente i ruoli di tutti gli attori coinvolti con l’obiettivo di assicurare significativi progressi. 

Il contenuto e gli obiettivi del rapporto “Situation in Colombia. Benchmarking Consultation” dell’Ufficio del Procuratore della CPI

A seguito del recente accordo di cooperazione tra la CPI e il governo colombiano insieme alla decisione di chiudere l’esame preliminare in Colombia, il rapporto “Situation in Colombia. Benchmarking Consultation” sembrerebbe congelato e dimenticato. Al contrario, una descrizione dei suoi punti chiave potrebbe rivelarsi utile nel caso di inadempimento da parte del governo colombiano degli impegni presi. 

Il rapporto esponeva le ragioni per le quali la situazione in Colombia restava sotto esame preliminare, e proponeva alcuni spunti di riflessione su cui lavorare prima che la Corte si esprimesse definitivamente sull’apertura delle indagini o sulla conclusione dell’esame preliminare stesso. Il tema è di elevata importanza, in quanto l’incertezza giuridica ha rappresentato una sfida unica per il contesto colombiano a causa dell’abbondanza di iniziative di giustizia transizionale che sono state implementate negli ultimi due decenni (S. V. NIÑO, When a Preliminary Examination Closes, a New Era Opens: The OTP’s Innovative Support for Transitional Justice in Colombia, Opinio Juris, 2021). 

Tramite un’analisi del ruolo dell’ufficio del Procuratore nello svolgere un esame preliminare che affronta un processo di responsabilità nazionale a lungo termine e multilivello, il documento proponeva lo sviluppo di un quadro di riferimento per il futuro. Nello specifico, al fine di assicurarne la legittimità, invitava ad avviare una consultazione aperta ed inclusiva tra tutte le parti interessate in un processo di apprendimento e di identificazione dei parametri di riferimento (benchmarking framework) e degli indicatori pertinenti che avrebbero dovuto guidare la valutazione dell’OTP (J. PAPPIER, L. EVENSON, ICC Starts Next Chapter in Colombia, But Will It Lead to Justice?, European Journal of International Law, 15.12.2021).

Il panorama della responsabilità in Colombia ha infatti presentato una molteplicità di attori che spesso hanno mostrato diversi gradi di volontà e capacità. Tra questi si ricordano il Congresso, le forze armate, la Corte costituzionale, l’Ufficio del procuratore generale, la Corte suprema di giustizia, i tribunali della legge sulla giustizia e la pace, i tribunali ordinari, il sistema di giustizia militare, l’Ufficio dell’ispettore generale, e più recentemente la JEP. A questi si aggiungono le vittime e loro rappresentanti legali, così come le organizzazioni della società civile (H. JO, B. A SIMMONS, M. RADTKE, Conflict Actors and the International Criminal Court in Colombia, Journal of International Criminal Justice, V. 19, Issue 4, 2021, pp. 959–977).

L’obiettivo della Procura era perciò di far sì che il quadro di benchmarking proposto permettesse di sviluppare una tabella di marcia che consentisse di raggiungere una decisione definitiva sull’apertura dell’indagine o la chiusura dell’esame preliminare. A tal fine il rapporto suggeriva tre aree chiave, di seguito esaminate, su cui il suddetto benchmarking avrebbe potuto concentrarsi: il quadro legislativo nazionale, i procedimenti interni e l’esecuzione delle sentenze (ICC benchmarking consultation on Colombia: what is the way forward for the longest preliminary examination in the history of the Court?, International Federation for Human Rights, 8.10.2021).

I parametri per stabilire l’ammissibilità dei casi e il tema della complementarietà

È utile, al fine di ottenere una più ampia comprensione della funzione del quadro di benchmarking, analizzare quando e a quali condizioni l’OTP avrebbe potuto chiudere l’indagine preliminare.

Nel caso in cui i procedimenti interni fossero risultati in linea con il principio di complementarietà (secondo i parametri riconosciuti nella giurisprudenza della Corte), la Procura avrebbe potuto chiudere l’esame preliminare. Al contrario, l’OTP avrebbe dovuto sottoporre richiesta di autorizzazione ad aprire un’indagine ad una Pre-Trial Chamber. In base allo Statuto, entrambe le valutazioni possono essere soggette a revisione in funzione del comportamento delle autorità statali e della genuinità dei procedimenti interni. In particolare, laddove il Procuratore avesse deciso di chiudere l’esame preliminare, l’eventuale successiva inazione delle autorità statali avrebbe potuto giustificare una revisione di quella valutazione ai sensi dell’art. 15(6) dello Statuto. L’obiettivo della CPI è infatti quello di garantire che l’intervento della corte si integri, anziché sostituirsi, alla responsabilità primaria degli stati di combattere l’impunità (K. AMBOS, The Colombian Peace Process and the Principle of Complementarity of the International Criminal Court. An Inductive, Situation-based Approach, Springer, 2010, pp. 47-83.

Tali concetti trovano applicazione nell’azione di vigilanza svolta dalla Corte durante l’esame preliminare sulla situazione in Colombia per valutare se le indagini e le azioni giudiziarie nazionali sarebbero state concrete, progressive nonché autentiche. Mediante una mera espressione di preoccupazioni e opinioni riguardanti gli aspetti del quadro legislativo nazionale colombiano, che avrebbe avuto un impatto sulle indagini interne e sul perseguimento della condotta, tali azioni avrebbero incoraggiato il dibattito pubblico sul principio di complementarietà. In questo senso, l’esame preliminare sarebbe stato uno strumento fondamentale per adempiere al mandato preventivo della CPI, potenziando lo Stato di diritto a livello nazionale e dotando la giurisdizione nazionale degli elementi necessari per svolgere, in modo indipendente e imparziale ed entro un lasso di tempo ragionevole, l’azione penale per i reati di competenza della CPI (A. MUÑOZ, The Use of Benchmarks in the Colombia Situation: An Opportunity for a Victim-Oriented Approach to ICC Complementarity. Opinio Juris, 2.07.2020). 

L’applicazione del principio di complementarietà nel caso colombiano: alcuni spunti di riflessione 

Alla luce dell’articolo 53 dello Statuto di Roma, il Procuratore può desistere dall’aprire un’indagine qualora ritenga che ciò sia nell’interesse della giustizia. Tuttavia, lo Statuto di Roma fornisce poche indicazioni su quali criteri tale valutazione si debba basare. Oltre all’obbligo di considerare la gravità del crimine e gli interessi delle vittime, lo Statuto di Roma non fa ad esempio riferimento agli interessi della pace e della sicurezza. Nel caso colombiano si pone ad esempio la questione se l’azione penale possa essere ritenuta l’unica risposta appropriata ai crimini internazionali, o se altri meccanismi, come amnistie e Commissioni per la verità, fossero alternative accettabili (H.O. ALONSO, P.G. PALERMO, Los Desafíos Del Derecho Internacional Penal Héctor Olasolo Pablo Galain Palermo Atención Especial A Los Casos De Argentina, Colombia, España, México Y Uruguay, in Perspectivas Iberoamericanas sobre la justicia, 2018, p.102). Alcune domande emergono a questo proposito: cosa significhi “giustizia” per la CPI e quali interessi si debbano prendere in considerazione – quelli delle vittime, della società locale, degli Stati parte dello Statuto di Roma, della comunità internazionale nel suo complesso? Quali sono i criteri che avrebbero potuto portare l’OTP ad aprire un’indagine sulla Colombia?

Rispetto a quest’ultima domanda, le buone pratiche delle Nazioni Unite sembrano offrire degli spunti interessanti. Il Draft della ICC presenta infatti diversi richiami al Monitoring Peace Consolidation: United Nations Practitioners’ Guide to Benchmarkingdelle Nazioni Unite, il quale mira a fornire principi di base, linee guida e risorse che permettano agli attori internazionali e nazionali coinvolti di misurare i progressi o i regressi verso il consolidamento della pace in un determinato contesto conflittuale. 

In linea con il manuale proposto dalle Nazioni Unite e al fine di rendere analiticamente operativo un benchmark di consolidamento della pace in Colombia, esso avrebbe dovuto essere suddiviso in sotto-unità, definite in relazione alle dinamiche specifiche del paese e ai fattori che avrebbero potuto aiutare a determinare se gli elementi critici della transizione si stessero muovendo in una direzione positiva (M. W. DAY, “Integrated Strategic Frameworks For Peace Consolidation: A Briefing Note.” Journal of Peacebuilding & Development, V. 5, no. 2, Sage Publications, Inc., 2010, pp. 75–80). Gli indicatori rilevanti per la valutazione dell’ammissibilità, in questo contesto, avrebbero potuto esaminare gli stessi fattori stabiliti negli articoli 17(2) e 17(3) dello Statuto, attraverso una serie di categorie diverse: gli indicatori strutturali, di processo e di risultato.

Gli indicatori strutturali si concentravano sulla natura del diritto interno in relazione alla responsabilità penale per comportamenti che costituiscono crimini ai sensi dello Statuto di Roma, nonché i meccanismi istituzionali competenti per indagare, perseguire e giudicare tali crimini. Gli indicatori di processo, invece, misuravano gli sforzi in corso da parte dei meccanismi istituzionali competenti per promuovere e proteggere la responsabilità per questi crimini, comprese le politiche, le risorse di bilancio e le misure adottate per garantirne l’attuazione. Gli indicatori di risultato, infine, catturavano specifici risultati di responsabilità individuali e collettivi in procedimenti specifici. 

Per quanto riguarda la loro forma, la migliore pratica delle Nazioni Unite indicava che i parametri di riferimento avrebbero dovuto essere concreti, misurabili e realistici. Allo stesso modo, gli indicatori avrebbero dovuto essere semplici da capire e da applicare, tempestivi e in numero ridotto, affidabili, basati su una metodologia trasparente e verificabile, e conformi agli standard internazionali pertinenti.

All’interno del quadro delineato sopra, la Procura proponeva di concentrarsi su tre diverse categorie che avrebbero avuto un’influenza sulle indagini e/o sul perseguimento dei casi rilevanti a livello nazionale: il quadro legislativo per lo svolgimento dei procedimenti; i procedimenti interni dinanzi alla giurisdizione ordinaria, alla JEP; e l’esecuzione delle sentenze. 

Per quanto concerne la prima categoria, parametri di riferimento e indicatori applicati alle giurisdizioni complesse e multistrato con competenza su diversi presunti reati e attori avrebbero potuto aiutare l’Ufficio a valutare la pertinenza e la genuinità dei procedimenti interni dinanzi al sistema di giustizia penale ordinario, e in particolare alla JEP. In particolare, il Draft (Benchmarking Report) invitava a considerare se ci fossero evidenti lacune in merito alla promozione e all’espansione dei gruppi paramilitari, dei procedimenti relativi al trasferimento forzato, quelli relativi ai crimini sessuali e i casi di “falsi positivi”, e/o se coloro che sembravano più responsabili fossero stati o fossero realmente indagati e/o perseguiti per tali reati. Quando procedimenti specifici erano stati avviati ed erano in corso, i parametri di riferimento e gli indicatori avrebbero potuto aiutare a determinare la fase procedurale appropriata che avrebbe potuto consentire all’OTP di raggiungere una valutazione di ammissibilità rispetto a un particolare caso o a casi potenziali (S. R. M. CAMARGO, La Justicia Especial para la Paz (JEP), sus avances y sus obs-táculos, Diálogos de Saberes, N. 50, 2019, pp. 27-37).  

In riferimento all’esecuzione delle sentenze, i parametri e gli indicatori avrebbero informato la valutazione se le sanzioni penali comminate fossero efficaci, anche in termini di verifica e monitoraggio, e/o proporzionate nel servire gli obiettivi di condanna appropriati, sia in termini di punizione, riabilitazione, ripristino e/o deterrenza. L’assenza di fattispecie penali specifiche nell’ordinamento interno colombiano e il fatto che l’OTP avrebbe potuto volersi occupare di casi che gli organi interni sembrano aver ad oggi sottovalutato o non prioritizzato avrebbero potuto inoltre risultare due elementi rilevanti nella presente analisi (OTP, Report on Preliminary Examinations activities 2020, p. 27 s). 

È infatti di interesse constatare che diverse giurisdizioni nazionali in America Latina hanno negli ultimi anni intentato procedimenti penali per crimini internazionali con un certo grado di sistematicità. Per esempio, in Colombia, più di 800 membri dell’esercito e della polizia sono stati condannati, e diverse migliaia sono sotto inchiesta, per le esecuzioni extragiudiziali, note come “falsi positivi”, di almeno 3.000 civili. Tra il 2005 e il 2017, la giustizia nazionale colombiana ha condannato tra 50 e 60 senatori e deputati e 15 governatori per legami con il para-militarismo; ha perseguito, attraverso la Giurisdizione Speciale di Giustizia e Pace, 43 dei 46 alti leader paramilitari sopravvissuti dopo il 2006 e ha emesso numerose sentenze contro i membri dei due principali gruppi di guerriglia del paese (FARC-EP e ELN) (H.O. ALONSO, P.G. PALERMO, Los Desafíos Del Derecho Internacional Penal Héctor Olasolo Pablo Galain Palermo Atención Especial A Los Casos De Argentina, Colombia, España, México Y Uruguay, cit., p.102).

Nel 2017 il Congresso colombiano approvò il decreto legislativo 01, conosciuto come Quadro giuridico per la pace e che introdusse nella Costituzione colombiana gli artt. 66bis e 67bis sulla creazione di una Commissione per la Verità. Il Quadro giuridico per la pace fu frutto di un’iniziativa unilaterale del governo non appoggiata dalle FARC-EP, in quanto da un lato, le FARC-EP non erano disposte ad accettare la giustizia statale, dall’altro, c’era una grande resistenza a portare in giudizio gli agenti statali coinvolti in crimini internazionali nel contesto del conflitto armato (G. M. K. TORRES, Las Comisiones De La Verdaden Colombia, Revista Jurídica Mario Alario D’Filippo, V.8, nº 16, 2016, p. 106 s).

La creazione della JEP a seguito della firma il 24 novembre 2016 dell’Accordo di Pace tra il Governo della Colombia e le FARC-EP e l’approvazione il 4 aprile 2017 della Decreto Legislativo 01/2017 suggeriscono che i procedimenti penali per i crimini internazionali commessi dalle parti coinvolte nel conflitto armato continueranno ad essere svolti in Colombia nei prossimi anni. Diversi aspetti della Giurisdizione Speciale per la Pace sollevano, tuttavia, delle preoccupazioni. In questo senso, si sottolinea che l’accordo generale per la fine del conflitto firmato dal governo colombiano e le FARC-EP il 26 agosto 2012 incluse nell’agenda dei negoziati per gli anni successivi lo studio dei diritti delle vittime e dei meccanismi di verità, mantenendo, tuttavia, un trattamento riservato dal Quadro giuridico per la pace approvato nel 2012 ai maggiori responsabili di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, come l’istituzione di pene detentive alternative senza una durata minima obbligatoria delle stesse e la loro esecuzione in regimi speciali, tra i quali gli arresti domiciliari (K. O’CONNOR, Colombia’s Jurisdicción Especial para la Paz (JEP): An Effective Instrument of Transitional Justice, McGill, V.8 n.1, 2020, pp.26-28). 

Altri fattori fanno sorgere dei dubbi sulla trasparenza ed efficacia della JEP. In primo luogo, vi è l’inclusione dei crimini di guerra considerati “non gravi ” nella lista dei possibili crimini amnistiati e, quindi, la loro esclusione dal campo di applicazione della JEP. In secondo luogo, ai fini della determinazione della pena alternativa, si fa una distinzione tra il genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra classificati come “molto gravi” e quelli che non meritano tale classificazione.

In terzo luogo, la definizione di responsabilità da comando richiederebbe non solo il controllo effettivo del superiore sui suoi subordinati, come richiesto dall’art. 28 dello Statuto di Roma, ma anche il controllo effettivo sulla specifica condotta punibile dei subordinati. In questo modo, la natura di questa forma di responsabilità si trasformerebbe da un caso di complicità per omissione (violazione del dovere di prevenire i crimini dei subordinati) o un crimine di omissione impropria (violazione del dovere di porre fine a questi crimini e punire i subordinati o inviare il caso per indagini e procedimenti alle autorità competenti) in un caso di perpetrazione per omissione, limitando così in modo significativo il suo ambito materiale di applicazione. Infine, a differenza di quanto accadeva nella Legge Giustizia e Pace, le vittime non sembrerebbero avere una propria posizione processuale riconosciuta durante i diversi procedimenti davanti alle Camere e al Tribunale (K. AMBOS, S. ABOUELDAHAB, Command Responsibility and the Colombian Peace Process, Springer, 2020).

Il nuovo accordo raggiunto il 24 novembre 2016 tra il governo colombiano e le FARC-EP tentò di rispondere ad alcuni dei problemi identificati nel precedente accordo del 26 settembre, ma presentava ancora delle perplessità. Tra i suoi elementi di novità includeva la limitazione a “zone di normalizzazione transitorie” delle regioni geografiche in cui sarebbero stati confinati i prigionieri delle FARC-EP condannati per crimini internazionali considerati “molto gravi”, e l’istituzione di una regolamentazione più dettagliata del regime in cui si sarebbe svolta questo tipo di pena alternativa. Prevedeva anche espressamente l’obbligo delle FARC-EP di consegnare i beni ai fini della riparazione e la sanzione della perdita della pena alternativa per coloro che cercavano di nasconderli. Infine, stabiliva che la responsabilità di comando in relazione alle FARC-EP avrebbe dovuto essere interpretata in conformità con le disposizioni del diritto internazionale, compreso quindi l’articolo 28 dello Statuto di Roma (J. D. BOER, L. BOSETTI, J. C. GARZÓN-VERGARA, Crime-Conflict Nexus: Criminal Agendas and Peace Negotiations – The Case of Colombia, United Nations University Centre for Policy Research Crime-Conflict Nexus Series: No 6, 2017).

A partire da queste osservazioni, è chiaro che la decisione dell’OTP in merito all’ un’indagine preliminare in Colombia non fosse per niente scontata. Pertanto, la decisione dell’attuale procuratore della CPI, Karim Khan, a favore della chiusura dell’esame preliminare nel Paese e di un accordo di cooperazione con il presidente Duque appoggerebbe l’innovativo sistema di giustizia di transizione derivante dall’accordo di pace del 2016 con le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC). In altre parole, la nuova strategia significherebbe il riconoscimento che la Colombia sarebbe di fatto disposta e capace di adempiere ai suoi doveri di investigare e perseguire i crimini più gravi (A.B. LIEVANO, The ICC backs Colombia’s transitional justice model, Justice Info, 09.11.2021).

Note conclusive

La decisione presa il 28 ottobre 2021 dal nuovo procuratore della CPI, Karim Khan, sembra disilludere le speranze create dal suo predecessore Bensouda. Sembrerebbe che i progressi compiuti dalla Colombia abbiano convinto l’OTP che le autorità nazionali non siano inattive, né che manchino loro volontà e capacità di indagare e perseguire i crimini sulla base dello Statuto di Roma (J. PAPPIER, L. EVENSON, ICC Starts Next Chapter in Colombia, But Will It Lead to Justice?, European Journal of International Law, 15.12.2021).

L’assenza di un esame preliminare non significa, tuttavia, la fine dell’impegno della Procura in Colombia. Al contrario, permetterebbe di vigilare più concretamente sugli adempimenti della Colombia, in quanto nell’ambito dell’Accordo di cooperazione il governo si è impegnato a: salvaguardare il quadro costituzionale e legislativo; preservare e sostenere le strutture esistenti che operano per garantire la responsabilità; continuare a finanziare adeguatamente queste strutture e salvaguardare i loro bilanci; proteggere la loro indipendenza e prevenire qualsiasi interferenza con le loro funzioni; garantire la sicurezza del personale giudiziario e processuale, nonché dei partecipanti che compaiono davanti ai diversi meccanismi di responsabilità; e a promuovere la piena cooperazione e il coordinamento tra le diverse entità statali coinvolte, tra cui l’Ufficio del Procuratore Generale e la Giurisdizione Speciale per la Pace (Security Council Report, Colombia, January 2022 Monthly Forecast ). Se si verificasse il venir meno da parte del governo colombiano agli obblighi presi, un benchmark di intervento di riferimento risulterebbe pertanto utile. Specialmente in seguito alla chiusura dell’esame preliminare, un’aperta consultazione con gli stakeholders sul territorio colombiano e la definizione congiunta di parametri di risultato capaci ed efficaci nel misurare i progressi e i regressi del processo di pace del Paese permetterebbe alla CPI di mantenere un elevato grado di influenza sulle dinamiche nazionali. Questi due elementi potrebbero esercitare una pressione sul governo nazionale nell’adottare proattivamente misure victim-oriented. Al contrario, la mera chiusura dell’esame preliminare potrebbe comportare il rischio che la CPI venga marginalizzata a tal punto da risultare ininfluente sulle decisioni nazionali.

A fronte dei recenti sviluppi, tuttavia, sarà interessante scoprire se il successore Karim Khan abbia intenzione di continuare l’elaborazione del benchmark, in vista di un’eventuale (futura) verifica se effettivamente le autorità colombiane stiano rispettando il principio di complementarietà e dimostrando la volontà di perseguire i crimini. Sebbene questo esercizio fosse stato intrapreso principalmente per informare la valutazione di ammissibilità, la Procura sembrava infatti essere consapevole che l’articolazione pubblica dei parametri di riferimento e degli indicatori pertinenti avrebbe potuto contribuire più concretamente a galvanizzare le autorità nazionali competenti a dare priorità al raggiungimento di determinati obiettivi e, viceversa, a chiarire le condizioni alle quali la CPI avrebbe potuto procedere a intraprendere le indagini (T. MARINIELLO, Y. MCDERMOTT, The Role Of The ICC Since Its Foundation And Possible Scenarios For The Future: Case Selection And Prioritization,Directorate-General For External Policies Policy Department Briefing, 2021, p.3).

In conclusione, ad oggi sembrerebbe che l’invito alla consultazione incoraggiato dal Procuratore Bensouda sia congelato. Resterebbe, tuttavia, la possibilità che la decisione di chiudere l’esame preliminare sia rivista in futuro, qualora le autorità colombiane non diano seguito agli impegni presi. Alla luce di questa evenienza, sembrerebbe di vitale importanza adempiere alle proposte esposte nel rapporto “Situation in Colombia. Benchmarking Consultation”. L’avvio di una consultazione pubblica tra gli attori in gioco e la definizione congiunta di piano di riferimento in cui misurare i successi e gli insuccessi del piano nazionale di ricostruzione della pace, nonché le cause e gli effetti da essi derivanti, potrebbero rivelarsi la carta vincente del CPI, persino a seguito della chiusura dell’esame preliminare in Colombia.

Claudia Re, Francesca Pedrani

Studentesse del Master in tutela internazionale dei diritti umani “Maria Rita Saulle”