Chi salverà le vittime di tratta? Il principio di non punibilità come argine alla nuova ondata di tratta di esseri umani

Approfondimento n. 7/2021                                                            

Diversi fenomeni negli ultimi tempi hanno influito negativamente sul contrasto e la prevenzione della tratta di esseri umani, uno dei peggiori crimini che si possano commettere contro la dignità di una persona. In primo luogo, la pandemia ha reso più difficile raggiungere le vittime e ha impedito di garantire loro tutto il supporto e i servizi necessari per proteggerle. In secondo luogo, il rapido sviluppo tecnologico degli ultimi tempi ha permesso al fenomeno dello sfruttamento delle persone, nelle sue variegate forme, di crescere, diffondersi e consolidarsi. 

E’ quanto emerge dalla discussione avvenuta presso il Consiglio dei diritti umani, 47° sessione, il 29 giugno 2021, in occasione dell’avvio del dialogo interattivo con Siobhàn Mullally, Relatrice speciale sulla tratta di esseri umani, in particolare donne e bambini. Il dibattito si è aperto con l’intervento della Relatrice speciale che ha fatto il punto sullo stato di attuazione del principio di non punibilità delle persone vittime di tratta (A/HRC/47/34, Implementation of the non-punishment principle). Tale principio è stato previsto con lo scopo di garantire che le vittime di tratta non siano punite per atti illeciti commessi in conseguenza della tratta e che non siano per questo doppiamente penalizzate, ma siano invece protette dalle istituzioni e dalle autorità nazionali.

A questo proposito, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, con la Risoluzione 2331 del 20 dicembre 2016 – S/RES/2331 (2016) – aveva già invitato gli Stati a non penalizzare o stigmatizzare le vittime di tratta per il loro coinvolgimento in attività illecite, affermando testualmente: “The Security Council (…) calls upon Member States (…) to address comprehensively victims’ needs, including the provision of or access to medical, psychosocial assistance and legal aid, as well as ensure that victims are treated as victims of crime and in line with domestic legislation not penalized or stigmatized for their involvement in any unlawful activities in which they have been compelled to engage” – par. 2 (d). 

Anche il Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne nel novembre del 2020, nella “General recommendation No. 38 (2020) on trafficking in women and girls in the context of global migration” si era espresso sul principio di non punibilità delle vittime di tratta e l’obbligo degli Stati di garantire la sua applicazione a tutte le vittime, senza eccezione alcuna (CEDAW/C/GC/38).

La Relatrice speciale ha sottolineato quanto il principio di non punibilità delle vittime di tratta sia fondamentale proprio per il riconoscimento della tratta di persone come grave violazione dei diritti umani. Il mancato rispetto di questo principio da parte delle autorità statali – ha affermato –  ha portato a detenzioni, rimpatri forzati e respingimenti, privazioni arbitrarie della cittadinanza, indebitamento derivante dalla imposizione di sanzioni, separazioni familiari e processi iniqui, tutte ulteriori e gravi violazioni dei diritti umani di chi ne era già vittima. In tali circostanze, la punizione ha ostacolato la possibilità di recupero delle vittime di tratta e ha negato loro l’accesso alla giustizia. Durante la sessione del Consiglio è emerso, inoltre, che diverse sono state le misure adottate da singoli Paesi per proteggere le vittime, avviarne il recupero e favorire il reinserimento e la partecipazione alla vita sociale, come ad esempio la creazione di fondi destinati alla riabilitazione, servizi di assistenza alle vittime, processi di condivisione delle informazioni al livello internazionale e sviluppo di nuove competenze.

Il principio di non punibilità, ha ricordato la Mullally nella sua Relazione, è un principio generale del diritto, come definito dall’art. 38 (1) (c) dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia, affermato in diversi strumenti giuridici internazionali e regionali, nella legislazione nazionale e nella giurisprudenza di tribunali nazionali e regionali. E’ essenziale per il Protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta di persone, in particolare donne e bambini, adottato ad integrazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, il cui scopo è proteggere e assistere le vittime della tratta nel pieno rispetto della loro umanità  – art.2 (b). Il principio, enunciato integralmente, afferma che “le persone sopravvissute alla tratta non devono essere detenute, accusate o perseguite per l’illegalità del loro ingresso o soggiorno nei paesi di transito e di destinazione, o per il loro coinvolgimento in attività illecite nella misura in cui tale coinvolgimento è diretta conseguenza della loro situazione di vittime di tratta” (Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights (OHCHR), Recommended Principles and Guidelines on Human Rights and Human Trafficking – E/2002/68/Add.1).

Anche gli organismi dei trattati sui diritti umani delle Nazioni Unite hanno ripetutamente invitato gli Stati ad attuare il principio di non punibilità e a garantire che alle vittime siano fornite protezione e assistenza. Nel 2018, ad esempio, il Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne ha espresso la sua preoccupazione per il fatto che le vittime di tratta in Arabia Saudita fossero state arrestate, detenute e deportate per atti commessi come conseguenza della tratta. Nel 2019 anche il Comitato sui diritti dell’infanzia ha esortato l’Australia a garantire che tutti i bambini sottoposti a qualsiasi forma di sfruttamento sessuale, vendita o tratta fossero trattati come vittime e non soggetti a sanzioni penali. 

Va ricordato, inoltre, che diversi strumenti giuridici regionali includono riferimenti al principio di non punibilità, tra questi: la Convenzione contro la tratta di persone, in particolare donne e bambini, articolo 14 (7) della Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN); la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, articolo 26; la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, per prevenire e combattere la tratta di esseri umani e proteggerne le vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio, articolo 8; l’articolo 4 della CEDU – Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che incorpora il principio di non punibilità, come riconosciuto recentemente nella sentenza V.C.L. e A.N. contro Regno Unito (European Court of Human Rights, V.C.L. and A.N. v. United Kingdom, application No. 74603/12 and No. 77587/12 del 16 febbraio 2021).

A sua volta, l’Organizzazione degli Stati americani (OAS) nel 2006 ha evidenziato l’obbligo dei suoi Stati membri di garantire che le vittime della tratta non siano perseguite per aver partecipato ad attività illegali come conseguenza diretta del loro essere state vittime di tale traffico. Anche i Principi Interamericani sui Diritti Umani di Migranti, Rifugiati, Apolidi e vittime della tratta di persone prevedono che gli Stati abbiano l’obbligo di proteggere e assistere i migranti vittime di tratta, tenendo conto della prospettiva di genere, l’interesse superiore del bambino e la non criminalizzazione dei migranti che sono vittime del reato di tratta. 

Per quanto riguarda il continente africano, il rispetto del principio di non punibilità è considerato essenziale per attuare l’articolo 5 della Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli. Anche l’articolo 4 del Protocollo alla Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli sui diritti delle donne in Africa richiede agli Stati parti di attuare programmi per la riabilitazione delle donne vittime di violenza (art. 4 (e)) e tutelare le donne che sono maggiormente a rischio di tratta (art. 4 (g)), incorporando così il principio di non punibilità. Il Comitato africano di esperti sui diritti e il benessere dell’infanzia ha ripetutamente invitato gli Stati a garantire che i bambini vittime di criminalità forzata siano protetti. 

Ebbene, nonostante l’esistenza di tali strumenti di tutela internazionale e della giurisprudenza di supporto, il principio di non punibilità – ha sostenuto la Mullally – non è ancora pienamente applicato nelle diverse giurisdizioni.

Per questa ragione, nella parte finale della sua relazione la Relatrice speciale ha rivolto agli Stati delle specifiche Raccomandazioni, basandosi sulle migliori pratiche esistenti. 

In primo luogo, ha chiesto agli Stati di ratificare e attuare tutti gli strumenti internazionali finalizzati a vietare la tratta di esseri umani e a riconoscere il diritto a non essere puniti, compreso il Protocollo dell’OIL alla Convenzione sul lavoro forzato, 1930 (n. 29); di prevedere le misure legislative, politiche, amministrative e di altra natura più adeguate a garantire l’effettiva attuazione del principio di non punibilità; di introdurre nella legislazione nazionale una disposizione specifica che preveda la non punizione delle vittime di tratta; di adottare linee guida per facilitare l’applicazione sistematica del principio di non punizione in tutti i casi di tratta; di adottare una list of offences, ossia un elenco aperto e non esaustivo di reati relativi alla tratta da diffondere a tutte le autorità; di garantire, infine, l’identificazione rapida ed efficace delle vittime.  

In secondo luogo, ha raccomandato di operare affinché il principio di non punibilità sia attuato da tutte le autoritànazionali competenti – polizia, funzionari di frontiera, ispettorati del lavoro e qualsiasi altra agenzia o funzionario delle forze dell’ordine;  ha chiesto che esso sia applicato a tutte le forme di tratta, anche a scopo di sfruttamento sessuale, lavorativo, di criminalità forzata, internazionale o interna, a qualsiasi attività illecita, indipendentemente dalla gravità del reato commesso, ai reati penali, civili, amministrativi e di immigrazione, nonché alle altre forme di punizione, come la privazione arbitraria della cittadinanza, il diniego di assistenza consolare o il rimpatrio, l’esclusione dallo status di rifugiato o altre forme di protezione internazionale, la separazione familiare, qualsiasi situazione di privazione della libertà, compreso il trattenimento per immigrazione e detenzione in attesa di allontanamento, trasferimento o rimpatrio.

In terzo luogo, ha chiesto che l’applicazione del principio di non punibilità non sia subordinato alla identificazione formale della vittima, al perseguimento di un presunto trafficante o alla collaborazione della vittima nei procedimenti penali; che tutte le vittime presunte o le persone identificate siano prontamente rimosse dalla detenzione o da qualsiasi situazione di privazione della libertà e fornite di assistenza e protezione; che il principio sia applicato a tutte le vittime di tratta senza alcuna discriminazione, comprese le persone richiedenti asilo o altre forme di protezione internazionale; che si assicuri la parità di protezione e l’uguaglianza davanti alla legge delle persone con disabilità e si garantisca l’accesso effettivo alla giustizia e la partecipazione delle vittime di tratta con disabilità a tutti i procedimenti; che, se la vittima è minore di età, non sia punito per atti illeciti in conseguenza della tratta e laddove l’età della vittima sia incerta, si presuma che sia un minore e riceva speciali misure di protezione; che i bambini detenuti per associazione con gruppi armati, anche gruppi terroristici, siano riconosciuti come vittime di gravi violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario e protetti in modo adeguato. 

In quarto luogo, ha raccomandato che i pubblici ministeri abbiano l’obbligo di interrompere i procedimenti contro le vittime della tratta e che, in mancanza, i tribunali nazionali abbiano l’autorità per ordinarne la cessazione per abuso di procedura o per il fatto che l’azione penale viola l’obbligo di non punire; che, in assenza di applicazione del principio di non punizione e in caso di condanna di una vittima di tratta, si applichi il principio della due diligence che impone agli Stati di porre rimedio a tale fallimento, ad esempio con la cancellazione dei precedenti penali e lo sgravio da eventuali sanzioni, comprese multe e sanzioni amministrative, per evitare un carico indebito su una vittima e per consentirne il completo recupero; chiede anche che la condanna di una vittima per mancata applicazione del principio di non punizione non comporti il rifiuto del permesso di soggiorno, della previdenza sociale o di altri benefici e restrizioni all’accesso al lavoro, all’istruzione, ecc.

Infine, in attesa dell’attuazione da parte degli Stati di una specifica disposizione di legge sulla non punibilità, ha raccomandato in ogni caso di rispettare l’obbligo di non punire interpretando norme giuridiche esistenti, come ad esempio lo stato di necessità, in quanto clausola generale di esonero da responsabilità. 

Francesca Moccia

Studentessa del Master in Tutela internazionale dei diritti umani “Maria Rita Saulle”

Link utili: 

Webpage Special Rapporteur on trafficking in persons, especially women and children –https://www.ohchr.org/en/issues/trafficking/pages/traffickingindex.aspx

Reports 47th session of the Human Rights Council https://www.ohchr.org/EN/HRBodies/HRC/RegularSessions/Session47/Pages/ListReports.aspx

Convention for the Suppression of the Traffic in Persons and of the Exploitation of the Prostitution of Others – https://www.ohchr.org/EN/ProfessionalInterest/Pages/TrafficInPersons.aspx

Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons Especially Women and Children, supplementing the United Nations Convention against Transnational Organized Crime –https://www.ohchr.org/en/professionalinterest/pages/protocoltraffickinginpersons.aspx