Riflessioni sull’impatto delle misure per combattere il terrorismo e l’estremismo sui diritti degli attori della società civile
Report of the Special Rapporteur on the promotion and protection of human rights and fundamental freedoms while countering terrorism, March 2019
Approfondimento n. 9/2020
In tale rapporto, lo Special Rapporteur sulla promozione e protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella lotta antiterrorismo esamina l’impatto che le misure e le pratiche volte a combattere il terrorismo ed a prevenire l’estremismo hanno sulla protezione dei diritti fondamentali nei confronti degli attori della società civile e dei difensori dei diritti umani. Analizza contestualmente le difficoltà legate alla protezione dello spazio civico, causate in tutto il mondo dall’applicazione di leggi e pratiche antiterrorismo.
In effetti, non è un caso se stiamo assistendo, da una parte, alla moltiplicazione delle misure di sicurezza volte a combattere il terrorismo ed a prevenire l’estremismo violento, e dall’altro all’adozione di misure che limitano lo spazio civico. L’ampliamento dello spazio di sicurezza, a scapito dello spazio civico, è direttamente collegato alle dinamiche di sicurezza internazionale sviluppatesi a partire dal 2001 ed all’integrazione delle disposizioni internazionali nei sistemi antiterrorismo globali, al fine di autorizzare e rafforzare le diverse misure di sicurezza.
Tra il 2001 e il 2018, almeno 140 governi hanno approvato leggi antiterrorismo. Per giustificare l’istituzione delle misure legislative e amministrative, vengono invocate nuove minacce, reali o presunte, o semplicemente per l’obbligo di giustificare e soddisfare i nuovi requisiti internazionali in materia di sicurezza. Secondo Human Rights Watch, almeno 47 paesi hanno approvato, tra il 2013 ed il 2017, leggi relative ai combattenti stranieri.
Dopo l’11 settembre 2001, la comunità internazionale ha mostrato la sua determinazione ad adottare delle misure drastiche nella lotta al terrorismo. Nonostante i consigli indirizzati all’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan al Consiglio di sicurezza in merito alla necessità di garantire che le misure antiterrorismo non limitino indebitamente i diritti umani o non siano comunque di pretesto ad altri per l’adozione di misure in tal senso, le risoluzioni vincolanti del Consiglio non danno una definizione completa dei termini terrorismo ed estremismo violento, e non richiedono in alcun modo che l’impatto di tali misure sui diritti umani sia valutato in dettaglio.
Al contrario, l’azione della società civile nel suo complesso è necessaria per consentire una cooperazione costruttiva con gli Stati, nonché per abbattere direttamente le cause che spingono gli individui verso gli atti di terrorismo, di estremismo violento e per eliminare le condizioni favorevoli al terrorismo, come definito nel ‘United Nations Global Counter-Terrorism Strategy’ e nei programmi delle Nazioni Unite adottati per prevenire e combattere l’estremismo violento. Quando gli attori della società civile sono presenti in aree in cui lo Stato non può o non vuole essere presente, spesso svolgono un ruolo intermedio a seguito della loro credibilità e del loro contatto con le comunità più isolate. Possono realmente contribuire alla pace ed allo sviluppo. In alcune regioni dove il reclutamento è molto localizzato, gli attori della società civile possono, attraverso la loro preziosa conoscenza delle forze trainanti e delle dinamiche a livello locale, supperire alle lacune dei governi proponendo altre scelte di vita e mettendo in atto iniziative locali che rispondono alle esigenze specifiche della comunità interessata.
Lo Special Rapporteur denuncia quindi la portata e l’abuso di tali misure, in particolare quelle volte a limitare l’accesso alle tecnologie di comunicazione, compreso Internet. La lotta all’estremismo violento online può influire su molteplici diritti umani, compresi i diritti alla libertà di opinione e di espressione, alla privacy ed alla vita familiare. In effetti, i mezzi di espressione elettronici sono uno strumento essenziale attraverso il quale gli attori della società civile possono esercitare la loro libertà di opinione e di espressione e svolgono un ruolo particolarmente importante nelle società repressive.
Il Relatore ritiene che colpire la società civile costituisca una violazione dei diritti umani e contribuisca all’inefficacia e alla scarsa applicazione delle misure antiterroristiche. In effetti, una simile pratica si pone contro gli interessi fondamentali di tutti gli Stati, e deve essere di conseguenza riconsiderata. Le Nazioni Unite, in particolare il Consiglio di sicurezza, il Comitato antiterrorismo, l’Ufficio antiterrorismo, nonché l’Assemblea generale ed il Consiglio dei diritti umani, devono collaborare realmente in modo efficace e costruttivo, con attori locali ed internazionali, diversificati ed indipendenti, e che siano ampiamente rappresentativi della società civile. Gli organi delle Nazioni Unite incaricati della lotta al terrorismo devono tenere conto degli effetti dell’impatto sui diritti umani dell’attuale sistema internazionale di prevenzione al terrorismo. Gli Stati devono garantire che le misure per affrontare le minacce del terrorismo e dell’estremismo violento poste a tutela della sicurezza nazionale non abbiano un impatto negativo sulla società civile. La stessa società civile deve trovare soluzioni intelligenti per attirare l’attenzione sulla crisi che deve affrontare a livello mondiale e che deriva da sistemi di sicurezza globali. In particolare, deve collaborare a più livelli con l’attuale sistema globale di sicurezza e antiterrorismo (vedere la risoluzione 4218 (2019) adottata dal Consiglio per i diritti umani il 26 settembre 2019).
Anne-Sophie Martin
Dottoressa di Ricerca in Diritto pubblico, comparato e internazionale