Le sparizioni forzate nel contesto delle Nazioni Unite
Report of the Secretary-General on the International Convention for the Protection of All Persons from Enforced Disappearance
Approfondimento n. 14/2018
Le sparizioni forzate e involontarie rappresentano una preoccupante realtà diffusa su scala globale. Il fenomeno dei cd. desaparecidos (che non si limita solo ai casi di sparizioni forzate in America latina), infatti, è largamente diffuso principalmente in territori sottoposti a regimi militari o dittatoriali, in situazioni di peace-building e post-conflittuali, nonché in territori minacciati dal terrorismo internazionale. Le sparizioni forzate o involontarie sono spesso utilizzate come strumento di intimidazione e come parte di una strategia volta a diffondere il terrore nelle comunità di appartenenza.
In ragione della portata globale del fenomeno, le Nazioni Unite già nel 1992 hanno adottato la Dichiarazione sulla protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate riconoscendo che tali pratiche costituiscono una grave violazione dei diritti umani. Nel 2001 l’Assemblea generale ha promosso l’adozione di uno strumento giuridico vincolante che incarnasse i principi della Dichiarazione. La Convenzione internazionale per la protezione di tutte le persone dalle sparizioni forzate è stata adottata il 20 dicembre 2006 e rappresenta il primo strumento giuridico volto a tutelare le vittime di sparizioni forzate e involontarie. Entrata in vigore il 23 dicembre 2010, ad oggi la Convenzione è stata ratificata da 56 Stati. Essa riconosce tale pratica come una grave violazione dei diritti umani e rappresenta il primo strumento giuridico diretto a tutelare non solo le vittime, ma anche i familiari che subiscono sofferenze a volte paragonabili a torture psicologiche a causa della continua e infruttuosa ricerca dei loro cari scomparsi, nonché le comunità di appartenenza il cui tessuto sociale ne subisce gravi conseguenze. La Convenzione riconosce, inoltre, che le sparizioni forzate effettuate con sistematicità, facenti parte di un piano di terrore esercitato su larga scala, costituiscono un crimine contro l’umanità, così come stabilito anche dallo Statuto della Corte penale internazionale.
La Convenzione istituisce un meccanismo di monitoraggio, al pari delle precedenti convenzioni in materia di diritti umani, effettuato dal Comitato ad hoc sulle sparizioni forzate volto, da una parte a verificare l’attuazione delle norme da essa previste, dall’altra a prevedere la possibilità per le vittime, i loro familiari nonché gli Stati di riportare situazioni di sparizioni forzate o involontarie con una comunicazione al Comitato stesso. L’accettazione della competenza del Comitato è facoltativa, così come previsto dagli artt. 31 e 32 della Convenzione, e ad oggi, solo 22 Stati hanno accettato tale competenza. Molto importante in tale contesto è il lavoro delle ONG internazionali (tra le quali Amnesty International, International Coalition Against Enforced Disappearences, TRIAL International), le quali supportano le vittime nella ricerca della verità e nella presentazione delle comunicazioni al Comitato.
Nel contesto delle Nazioni Unite, il Segretario generale prepara ogni anno un report per l’Assemblea generale sullo stato di ratifica della Convenzione chiamando inoltre gli Stati a presentare volontariamente la situazione nel proprio paese. Questo meccanismo è volto a garantire una maggiore trasparenza da parte degli Stati che, in base alla Convenzione, sono chiamati non solo ad astenersi da pratiche di sparizioni forzate nel contesto del mantenimento dell’ordine pubblico, ma anche di prevedere misure di repressione nei confronti dei responsabili sia sul piano giuridico (istituendo tale reato nei propri codici penali) che sul piano sostanziale, garantendo la persecuzione dei responsabili e di conseguenza garantendo la non reiterazione del reato.
Nell’ultimo Report presentato il 3 agosto 2017, il Segretario generale ha delineato il quadro sullo stato di attuazione della Convenzione. Nel contrasto alla pratica delle sparizioni forzate e involontarie 11 Stati hanno volontariamente risposto presentando la situazione all’interno del proprio territorio (fra questi anche il Messico in cui la pratica è ancora largamente utilizzata). Il Report presenta le attività condotte dallo stesso Segretario generale, dall’Alto Commissario ONU per i diritti umani, dal Comitato e dal gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate. In tale contesto, si inserisce anche la decisione dell’Assemblea generale di istituire il 30 agosto come giornata internazionale dedicata alle vittime di sparizioni forzate in ragione delle persistenti minacce subite dai difensori dei diritti umani, dai parenti delle vittime che sono impegnate nella ricerca della verità e dalle persone chiamate a testimoniare nei procedimenti penali istituiti a livello nazionale. Il Rapporto mette in luce che la Convenzione, nonostante sia nata in un contesto internazionale favorevole alla repressione del fenomeno, registri ancora solo 56 ratifiche, e non possieda quindi quel carattere universale fondamentale ai fini del raggiungimento degli obiettivi e delle aspirazioni delle famiglie delle vittime. Infatti, nonostante per lungo tempo l’assenza di uno strumento giuridico nonché di un meccanismo specifico volto a tutelare le vittime e i loro familiari e a perseguire i colpevoli di sparizioni forzate, abbia permesso il diffondersi del fenomeno, la sensibilità degli Stati appare ancora limitata e come molto spesso accade, l’azione più incisiva di advocacy è svolta dalle Nazioni Unite, da una parte, e dalle ONG internazionali dall’altra e rappresenta l’unico strumento utile a richiamare l’attenzione internazionale su un fenomeno che è ancora largamente diffuso.
Debora Capalbo
Dottoranda in Diritto pubblico, comparato e internazionale
International Convention for the Protection of All Persons from Enforced Disappearance