La contrapposizione tra diritto alla salute ed altri diritti umani fondamentali nell’era del Covid-19. Una recente denuncia da parte dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani.
COVID-19: Exceptional measures should not be cover for human rights abuses and violations – Bachelet
Approfondimento n.18/2020
“Emergency powers should not be a weapon governments can wield to quash dissent or control the population” – @mbachelet calls on Governments to ensure #HumanRights are not violated under the guise of exceptional or emergency measures for #COVID19”.
Con queste parole Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, si è rivolta a tutti gli Stati, incitandoli a limitare ai casi di stretta necessità la restrizione delle libertà e dei diritti fondamentali della popolazione. Il COVID-19, infatti, sta disvelando una serie di ingiustizie strutturali che portano con sé violazioni od omissioni nella tutela di diritti umani.
Se è vero che secondo il rapporto “People Power Under Attack” dell’organizzazione CIVICUS almeno il 40 per cento della popolazione mondiale vive in Paesi dove esistono livelli variabili di repressione, e solo il 3% vive in paesi dove tutti i diritti fondamentali sono rispettati, è pur vero che questa emergenza sta accentuando il divario.
L’attuale pandemia ha imposto la necessità di applicare misure di protezione volte ad evitare la propagazione del virus. Tra queste si annoverano, in particolare, le restrizioni alla libertà di circolazione con tutte le conseguenze che ne discendono. In alcuni Stati, inoltre, i governi hanno anche costituito comitati specializzati per contrastare l’emergenza. Questi ultimi, però, non sempre si stanno dimostrando effettivamente volti a tutelare i cittadini, bensì sembrano essere veri e propri strumenti di autoritarismo ingiustificato, che supera nella maggior parte dei casi la finalità insita nella loro stessa costituzione.
Di conseguenza, l’Alto Commissario ha rivolto alla leadership politica degli Stati il monito di non utilizzare le restrizioni e le misure provvisorie prese per fronteggiare il contagio quale strumento per controllare in maniera indebita la popolazione o addirittura per perpetrare il potere al governo.
Le misure prese, sottolinea Bachelet, devono essere utilizzate esclusivamente per la durata necessaria a combattere la pandemia ed al fine di proteggere la salute pubblica. È solo l’emergenza, infatti, che può legittimare il potere di adottare atti eccezionali. Le restrizioni all’esercizio dei diritti fondamentali, inoltre, non potrebbero mai essere a carattere illimitato e applicate in maniera discriminatoria, ma sempre proporzionate alla necessità e con un limite temporale.
C’è poi da considerare che alcuni diritti fondamentali hanno natura cogente e dunque sono inderogabili in tutte le corcostanze, anche in situazioni di emergenza sanitaria. Tra questi, i diritti alla vita, a non essere sottoposti a tortura o a trattamenti inumani, a non essere arbitrariamente arrestati o detenuti, ecc.
Attualmente diversi rapporti di Amnesty International,Human Rights Watched altre importanti Ong che si occupano di diritti umani, hanno registrato che in diverse realtà le autorità di sicurezza pubblica utilizzano un uso eccessivo della forza per mantenere il controllo e costringere la popolazione a rispettare lo stato di quarantena. Questo comportamento ultroneo si è spinto anche al punto di sparare sui civili solo per aver violato il coprifuoco mentre cercavano cibo. Un atteggiamento chiaramente inaccettabile e fuori legge.
La casistica relativa alla violazione dei diritti umani è ampia. La necessità di rispettare le disposizioni per contrastare il virus, ad esempio, sta rendendo, in alcuni Stati, difficile per molte donne raggiungere gli ospedali per far nascere i propri figli.
Le considerazioni svolte dell’Alto Commissario dell’ONU, in conclusione, richiamano gli Sstati alle loro responsabilità e ad assicurare che ogni misura presa per gestire e contrastare l’emergenza sia necessaria e rispettosa dei limiti alla possibilità di derogare i diritti fondamentali in situazioni di eccezione. Ad esempio, il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici del 1966 all’art. 9 dispone che “[o]gni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona” e che nessuno “può essere arbitrariamente arrestato o detenuto” o “essere privato della propria libertà, se non per i motivi e secondo la procedura previsti dalla legge”. Eppure sono frequenti le restrizioni arbitrarie alla libertà personale, spesso in combinazione con un pregiudizio diffuso del diritto alla salute dei detenuti posto che la congestione carceraria aumenta ulteriormente il rischio di diffusione del virus.
È il caso, ad esempio, della Nigeria, in cui il ricorso a violenze indiscriminate ha carattere sistemico. Secondo un comunicato della Commissione nigeriana per i diritti umani (NHCR), “da quando in Nigeria è stato imposto il lockdown, le forze dell’ordine hanno ucciso più persone del Covid-19”. Ben 18 persone, infatti, sarebbero state uccise dalle autorità al fine di far rispettare le misure adottate per il contenimento della circolazione. Rimanendo nel contesto africano, secondo Amnesty International, in molti paesi del continente la popolazione rischia di subire misure di detenzione preventiva in contesti iperaffollati che mettono a rischio la vita e la salute dei detenuti.
Ad essere fortemente compromessa non è solo la libertà di movimento, ma anche quella di espressione e di diffondere notizie. Ad esempio, in Bangladesh, secondo una denuncia di Human Rights Watch, il Covid-19 avrebbe peggiorato la situazione in uno Stato in cui la libertà di espressione è già messa a dura prova in tempi “normali”. Chi parla di coronavirus, infatti, rischierebbe l’arresto. Questo è quanto sarebbe giù avvenuto nei confronti di più di dieci persone arrestate per commenti sui social networkrelativi alla gestione dell’epidemia sanitaria.
Una massiccia violazione dei diritti umani, inoltre, si sta registrando anche in India dove ad essere pregiudicato è, in particolare, l’accesso ai servizi essenziali dei lavoratori migranti, dei poveri e dei più emarginati. Dopo il lockdown, infatti, le masse rurali costrette a trasfersi nelle città per lavorare sono dovute rientrare precipitosamente nei loro villaggi natali. Di conseguenza, dall’inizio della quarantena milioni di lavoratori hanno già perso il loro impiego e si trovano a costretti a lavorare in modo precario, alla disperata ricerca di cibo e acqua potabile. Ma vi è di più, in molti durante il trasferimento hanno subito arresti arbitrari, maltrattamentie altre violazioni dei diritti umani da parte della poliziaper violazione dell’obbligo di rimanere in casa.
In conclusione, il pressante appello dell’Alto Commissario per i diritti umani non può che essere condiviso e portato quanto più possibile all’attenzione di tutti. È interessante notare, infatti, che in realtà la maggior parte delle violazioni dei diritti umani perpetrate in questo periodo non sono una novità assoluta, ma una pratica ricorrente che oggi peraltro rischia di essere considerata giustificabile in nome … sic… dell’emergenza sanitaria e della tutela della salute pubblica.
Mariangela Barletta
Studentessa del Master in Tutela internazionale dei diritti umani