European Trust Fund for Africa: la Corte dei conti europea critica la strategia della Commissione per il contenimento dei flussi migratori

Con l’adozione della relazione sul Fondo fiduciario per l’Africa, il 9 luglio 2024, la III sezione della Corte dei conti europea ha rilevato importanti carenze sul rispetto del programma stabilito per la gestione del Fondo da parte della Commissione europea, nonché gravi lacune relativamente all’approccio basato sui diritti umani.

Approfondimento n. 3/2024                                                            

Il Fondo fiduciario di emergenza dell’Unione Europea (EUTF) è stato istituito dalla Commissione europea nel 2015 con lo scopo di promuovere la stabilità e aiutare a gestire meglio i flussi migratori rimuovendo le cause profonde della destabilizzazione, degli sfollamenti forzati e della migrazione irregolare (art. 2 dell’Accordo istitutivo del Fondo) promuovendo interventi per la stabilità e lo sviluppo in 27 paesi africani. Con una dotazione di 5 miliardi di euro, il Fondo si concentra sulle situazioni di crisi in tre macroregioni: il Sahel e lago Ciad, il Corno d’Africa e l’Africa settentrionale. 

La Corte dei conti europea, nella sua funzione di vigilanza sulla legittimità e la regolarità del bilancio dell’Unione, aveva eseguito un primo controllo di gestione dell’EUTF già nel 2018. In quell’occasione, sebbene i progetti finanziati fossero ancora in una fase embrionale che non permetteva di valutarne i risultati, la Corte aveva sottoposto alla Commissione delle raccomandazioni volte ad evitare il rischio di dispersione delle risorse. Secondo l’organo di controllo dell’Unione, infatti, i progetti finanziati non erano sufficientemente in linea con le azioni di sviluppo, umanitarie e di sicurezza previste dal Fondo. I progetti approvati apparivano piuttosto rivolti a ridurre i flussi, secondo un’esigenza degli Stati membri dell’Unione Europea, piuttosto che a contrastare le cause della povertà, secondo le necessità degli Stati beneficiari. Da ultimo, la flessibilità delle procedure, che per la Commissione era condizione necessaria per adattare i progetti ai mutevoli contesti africani, per la Corte rappresentava un fattore di rischio di violazioni dei diritti umani di cui non si stava tenendo adeguatamente conto.

In questo secondo rapporto si afferma esplicitamente che la Commissione non ha considerato le raccomandazioni contenute nel primo rapporto. In particolare, si evidenzia come la Commissione, su impulso degli Stati membri, avrebbe distratto ingenti parti del Fondo originariamente destinate ad attenuare le cause primarie delle crisi nei Paesi di origine, per finanziare il controllo delle frontiere ostacolando le partenze dei migranti, attraverso la collaborazione con istituzioni statali che sono risultate, non di rado, infiltrate da organizzazioni criminali. In diversi passaggi della relazione, infatti, si afferma che questi investimenti sono andati a vantaggio di attori diversi dai beneficiari previsti, quali milizie parastatali, contrabbandieri, trafficanti e organizzazioni criminali operanti nei paesi di transito alle frontiere d’Europa. Inoltre, i rischi di violazione dei diritti umani già evidenziati nella prima relazione della Corte, non sono stati gestiti correttamente. La Commissione è stata troppo spesso carente nell’implementazione di sistemi di monitoraggio e di raccolta di denunce provenienti dai beneficiari. I mancati controlli da parte della Commissione Europea non hanno consentito di sospendere i progetti neanche laddove non mancavano le prove di gravi violazioni dei diritti fondamentali. Non a caso la parte più critica del rapporto è proprio quella relativa alle violazioni dei diritti umani nei Paesi del nord-Africa. Il fenomeno, soprattutto nel contesto libico e tunisino è ormai ben noto ed è stato ampiamente descritto, documentato e accertato negli ultimi anni da ONG, media indipendenti, tribunali e rapporti delle Nazioni Unite. Questo rapporto della Corte dei conti è dunque solo l’ultimo tassello, in ordine di tempo, di una ricostruzione, non soltanto giurisprudenziale, che da anni ci restituisce una realtà fatta di violazioni sistematiche del diritto internazionale nella gestione dei flussi migratori tra l’Africa e l’Europa.

Una ricostruzione del fenomeno che si pone in netto contrasto con quanto rivendicato, in termini di metodo e di risultati, dalla Presidente della Commissione europea. Solo un mese prima della pubblicazione del Rapporto della Corte dei conti, infatti, la Presidente Ursula Von der Leyen, in una lettera aperta ai commissari europei scritta all’indomani dell’Accordo sul nuovo patto per la migrazione e l’asilo, aveva rivendicato il metodo e i risultati del proprio operato affermando: “All this shows that constant, targeted, Team Europe engagement brings results. (…) We are working with several North African countries to make sure that returns are conducted in a dignified manner (…). As regards our cooperation on migration management, we have seen a slowing in the pace of irregular arrivals from Tunisia, with strong investment in training and capacity building, and the Tunisian authorities playing their part in continued anti-smuggling operations.”

Queste parole della Presidente della Commissione europea riecheggiano, invertite di segno, nel rapporto della Corte. Quelli che Ursula Von Der Leyen rivendica come i migliori risultati del suo lavoro, tanto da esporli in campagna elettorale in vista della sua rielezione, per la Corte dei conti sono distorsioni degli obiettivi e delle azioni programmate dal Fondo Fiduciario per l’Africa e configurano delle gravi violazioni dei diritti umani. A titolo d’esempio il rapporto menziona il caso di alcune modifiche apportate durante l’attuazione di un progetto in Tunisia che mirava a rafforzare le capacità delle autorità nei settori della sorveglianza marittima e della gestione della migrazione. Nel 2020, nonostante gravi ritardi nell’attuazione da parte tunisina, la Commissione ha deciso di aumentare di 10 milioni di euro il bilancio del progetto. Quando l’attuatore del progetto si è reso conto che non avrebbe potuto adempiere i suoi compiti prima della scadenza dell’EUTF, la gara d’appalto è stata annullata e i fondi rimanenti (5 milioni di euro) sono stati resi disponibili per l’acquisto di altre attrezzature. Dal documento finale, scrivono i giudici, “erano stati eliminati i riferimenti alla necessità di promuovere un approccio alla gestione della migrazione basato sui diritti. In particolare, alla necessità di sostenere il coordinamento tra le agenzie di frontiera e le autorità nazionali per i diritti umani e la protezione delle vittime; di aumentare la capacità delle autorità di frontiera di individuare e prevenire potenziali violazioni dei diritti, come i casi di tratta di esseri umani (…); e di rafforzare i percorsi di riferimento per l’assistenza alle vittime di violazioni dei diritti umani identificate alle frontiere.”

Nella lettera della Von Der Leyen si legge inoltre: “The external dimension of our work on migration is a key factor for the success of the Pact as a whole – since only with well-functioning partnerships will we achieve cooperation on preventing departures and fighting smuggling, as well as smooth return and readmission of those with no right to stay. It is clear that the EU will only succeed in stemming irregular migration towards the EU if we are able to implement comprehensive and smart policies with our neighbours and beyond, particularly with the partners chosen for us by geography, as migrants transit those states closest to the EU to reach our borders (…)”.

La dimensione esterna del lavoro sulla migrazione svolto dalla Commissione, ovvero la collaborazione tra le istituzioni europee e gli Stati nord africani è però foriera, secondo la Corte dei conti, di gravi violazioni dei diritti umani. Tra i fattori di rischio rilevati sul campo dagli auditor della Corte in merito ad alcuni interventi di capacity building, il rapporto riporta un lungo e dettagliato elenco che comprende: l’addestramento di personale impegnato nella lotta all’emigrazione senza la necessaria formazione sui diritti umani e, in particolare, sul principio del “non nuocere”; la fornitura di attrezzature impiegate per usi diversi da quelli previsti dal progetto o addirittura sottratte ad esso per essere immesse in circuiti privati; l’assenza di vincoli tra i committenti del progetto e i beneficiari che, in alcuni casi, hanno rifiutato di collaborare alle necessarie attività di monitoraggio, hanno  impedito l’accesso degli auditor della Corte (come di altri attori umanitari deputati alla verifica del rispetto dei diritti umani) o hanno dichiarato di non avere più il controllo di intere zone di attuazione dei progetti (porti, punti di sbarco, centri di trattenimento ecc..). Queste gravi carenze fanno ritenere alla Corte che “il sostegno dell’EUTF potrebbe aver avvantaggiato le organizzazioni criminali e altri attori non ufficiali coinvolti nel traffico di migranti”.

Eppure, nella lettera della Presidente ai suoi commissari, leggiamo: “We must deter the criminals through effective efforts to disrupt, pursue and prosecute the perpetrators and using a “follow the money’” approach to identify, investigate, and disrupt organised crime, tackling their illegal profits, including through enhanced cooperation on asset confiscation”. Eppure è proprio “following the money” che secondo la Corte dei conti europea si può stabilire un collegamento diretto tra le politiche della Commissione che hanno orientato i progetti di investimento del Fondo fiduciario per l’Africa e gli interessi dei trafficanti di migranti che impunemente commettono gravi violazioni dei diritti umani a danno dei migranti e dei richiedenti asilo che premono ai confini dell’Unione Europea.

In ultima analisi, anche la Corte dei conti europea, come molti altri organismi e istituzioni indipendenti che negli ultimi anni si sono pronunciati sugli effetti delle politiche di contenimento dei flussi migratori, non si è potuta esimere dal criticarne i risultati certificandone l’inefficacia oltre che la pericolosità. Le politiche migratorie fanno ampio ricorso ad analisi e strumenti che non hanno fondamento nei dati statistici né tanto meno nell’esigenza di rispetto dei diritti umani sanciti nel diritto internazionale, ma rispondono ad esigenze di carattere elettorale. Imigranti che nei discorsi dei leader politici stanno invadendo illegalmente l’Europa, in realtà rappresentano solo una minima parte di quanti sono costretti ad emigrare perché esposti a pericoli di varia natura per i quali i loro Stati non possono garantire adeguata protezione. Costoro sono pertanto potenziali titolari del diritto di asilo. 

Gli Stati europei, anziché distrarre fondi destinati all’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) per investire nel contenimento dei migranti, dovrebbero adottare misure concrete ed efficaci per dare piena attuazione al principio di non-refoulement e creare le condizioni per valutare la sussistenza del diritto di asilo, organizzando, altresì, una adeguata accoglienza. Se la classe politica, almeno in questa fase storica, sembra più interessata ad arginare i flussi e a ridurre la pressione migratoria ai confini, è compito degli organi di controllo e delle organizzazioni di tutela dei diritti umani, fare in modo che quest’obiettivo politico non si realizzi ad ogni costo, ma nel rispetto di quanto sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951. La Corte, con l’adozione della relazione speciale sull’EUTF, sembra andare in questa direzione di tutela dei diritti, ma sarà necessario anche uno sforzo da parte delle organizzazioni della società civile per impedire che la difesa dei confini prevalga sulla difesa dei diritti.

Alessandro Talese

Studente del Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani “Maria Rita Saulle”

Link utili:

Il testo dell’accordo è disponibile su: https://e-seimas.lrs.lt/rs/lasupplement/TAP/6885a7a182fb11e5bca4ce385a9b7048/093c149f82fc11e5bca4ce385a9b7048/

Relazione speciale sull’EUTF n.32/2018: https://www.eca.europa.eu/IT/publications?did=48342

Relazione speciale sull’EUTF n.17/2024: https://www.eca.europa.eu/ECAPublications/SR-2024-17/SR-2024-17_IT.pdf

Minacce alle ONG in mare dalla GCL: https://x.com/SOSMedItalia/status/1639631522423615488?s=20

Rapporto annuale di Amnesty International: https://www.amnesty.it/rapporti-annuali/rapporto-2023-2024/medio-oriente-e-africa-del-nord/

Sentenza del Tribunale di Roma: https://masterdirittiumanisapienza.it/caso-asso-29-il-tribunale-di-roma-condanna-il-governo-italiano-per-violazione-del-divieto-di-respingimento/

Rapporto ONU sulla Libia: https://news.un.org/en/story/2023/03/1135052

F. Perrini, disponiile su: http://www.sidiblog.org/2023/07/24/post-scriptum-sul-negoziato-del-team-europa-con-la-tunisia-la-firma-del-memorandum-di-intesa/

F. Battaglia, disponibile su: https://www.aisdue.eu/francesco-battaglia-il-memorandum-of-understanding-ue-tunisia-profili-giuridici-e-impatto-sui-diritti-umani/

J. Liboreiro, V. Genovese, disponibile su: https://it.euronews.com/my-europe/2023/07/18/il-controverso-accordo-ue-tunisia-criticato-pure-al-parlamento-comunitario