Il Tribunale di Lecce ordina l’iscrizione anagrafica del richiedente asilo: il c.d. “Decreto sicurezza” continua a vacillare alla prova del diritto

Tribunale ordinario di Lecce, Ordinanza del 6 dicembre 2019, N.R.G. 7495/2019

Approfondimento n. 1/2020                                                                                                                                                                                                                                                    

Con ordinanza del 6 dicembre u.s., il Tribunale di Lecce ha accolto la richiesta d’iscrizione anagrafica di un richiedente asilo che aveva presentato ricorso in seguito al diniego del Comune di Carmiano, motivato con il mancato riconoscimento del permesso di soggiorno quale titolo valido ai fini dell’iscrizione anagrafica.

Nel caso di specie, il richiedente è titolare di un permesso di soggiorno rilasciato dalla questura di Lecce a seguito della richiesta di protezione internazionale e residente presso il centro di accoglienza straordinaria (CAS) nel comune di Carmiano. Avendo presentato richiesta d’iscrizione presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di residenza, quest’ultimo dichiarava l’istanza irricevibile poiché priva di un titolo di soggiorno valido, ai sensi dell’art. 13 del D.l. 113/2018, convertito con L. 132/2018. Tale articolo dispone che il permesso di soggiorno per richiesta asilo non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica.

Il D.P.R 223/1989, relativo ai registri anagrafici prevede che nelle schede siano registrate le posizioni anagrafiche desunte dalle dichiarazioni degli interessati, dagli accertamenti d’ufficio e dalle comunicazioni degli uffici di stato civile. Pur se il permesso di soggiorno per asilo, poiché provvisorio, non costituisce “titolo” per l’iscrizione nei registri anagrafici del Comune nel quale il richiedente risiede, d‘altra parte, dalle disposizioni in materia di iscrizione anagrafica, emerge con chiarezza che non è richiesto alcun titolo ai fini della registrazione della posizione anagrafica essendo sufficienti alternativamente le dichiarazioni dell’interessato, accertamenti disposti d’ufficio o le comunicazioni dello stato civile, fatti salvi gli accertamenti richiesti dall‘ufficiale dell’anagrafe ex art. 19 del D.P.R.

Il giudice, privilegiando un‘interpretazione letterale della diposizione del D.l. 113/2018, rileva che il permesso di soggiorno provvisorio, pur non costituendo titolo con efficacia immediata per l’iscrizione nei registri anagrafici, conserva tuttavia la valenza di documento di riconoscimento e risulta pertanto idoneo a corroborare le dichiarazioni dell’interessato all‘ufficiale dell’Ufficio Anagrafe, volte all’ottenimento dell‘iscrizione. L’effetto dunque dell‘art. 13 del D.l. 113/2018, sarebbe relativo all‘abrogazione della modalità semplificata d’iscrizione anagrafica per i richiedenti protezione internazionale prevista dall‘art. 5 bis del D.l. 13/2017. Una soluzione interpretativa diretta a negare il diritto dello straniero regolarmente soggiornante ad iscriversi nelle liste anagrafiche del Comune di residenza segnerebbe in primo luogo un netto contrasto con l‘art. 6, c. 7, del D.lgs. 286/1998 secondo cui le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani e la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Ancora, tale interpretazione risulterebbe in contrasto con gli artt. 2, 3 e 117 Cost. (si veda l’Ordinanza del Tribunale di Ancona del 29 luglio 2019).

In merito al periculum in mora, il giudice constata che la mancata iscrizione presso i registri anagrafici impedirebbe al ricorrente l‘esercizio di diritti di rango costituzionale, non ristorabili per equivalente, come il diritto al lavoro, il diritto all‘istruzione, il diritto alla famiglia. In particolare, l‘iscrizione anagrafica risulta necessaria per poter accedere ai servizi ed alle misure di politica attiva del lavoro (art. 11, c. 1, lett. c, D.lgs. 150/2015), per poter richiedere ed ottenere un numero di partita I.V.A. (art. 35, c. 2, lett. a, D.lgs. 633/1972), per determinare il valore ISEE richiesto per poter accedere alle prestazioni sociali agevolate, per la decorrenza dei termini per ottenere la cittadinanza italiana (art. 9, c. 1, lett. f, L. 91/ 1992), per poter ottenere il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo (art. 9, c. 1 ter, D.lgs. 286/ 1998), per il rilascio della patente di guida.

Alla luce di tali considerazioni, il giudice ha accolto le richieste del ricorrente e ha ordinato al Sindaco del Comune di Carmiano, nella sua qualità di Ufficiale di Governo responsabile della tenuta dei registri anagrafici, l‘iscrizione nel registro anagrafico della popolazione residente del Comune, secondo il procedimento previsto dal D.P.R. 223/1989, e condanna il Comune al pagamento delle spese processuali.

L’ordinanza del Tribunale rappresenta una nuova pronuncia in favore del diritto dei richiedenti asilo ad essere iscritti nei registri anagrafici e conferma il trend giurisprudenziale che conferma i dubbi di costituzionalità dell’art. 13 del c.d. “Decreto sicurezza”, e la necessità di un’interpretazione costituzionalmente orientata della stessa norma.

Gianfranco Gabriele Nucera

Assegnista di ricerca in Diritto internazionale

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