Il terzo rapporto della Commissione dei diritti umani in Sud Sudan
Report of the Commission on Human Rights in South Sudan
Approfondimento n. 11/2019
La Commissione per i diritti umani nel Sud Sudan è stata istituita dal Consiglio dei diritti umani nel marzo del 2016 con il mandato di individuare e riferire i fatti e conservare prove per presunte gravi violazioni e abusi dei diritti umani, compresi la violenza sessuale e di genere e la violenza etnica, al fine di porre fine all’impunità. Il 12 marzo, il Consiglio per i diritti umani ha discusso il terzo rapporto presentato della Commissione.
La terza relazione presentata evidenzia l’importanza del Revitalised Agreement on the Resolution of Conflict in South Sudan (R-Arcss) firmato il 12 settembre 2018 ad Addis Abeba. Tuttavia, la Commissione ha espresso serie preoccupazioni per la stabilità del Paese fornendo un resoconto dettagliato di numerose gravi violazioni dei diritti umani, in particolare abusi sessuali, violenza di genere ed etnica. Atti che la Commissione ritiene gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario che dovrebbero essere perseguiti come crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
La Commissione osserva che la situazione è notevolmente peggiorata sull’entità dei reati di stupro e violenza sessuale perpetrati nel Sudan meridionale rispetto al precedente rapporto presentato al Consiglio per i diritti umani l’anno precedente. Infatti, il report evidenzia un aumento di violazioni dei diritti umani e documenta il perpetrarsi di violenze sessuali sulla popolazione, in particolare nello stato del Liech settentrionale. La documentazione sui presunti responsabili è contenuta in un confidential dossier che la Commissione ha intenzione di trasmettere all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Gli atti descritti come crimini di guerra violano, inoltre, la Convention against Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment e la International Convention for the Protection of All Persons from Enforced Disappearance. Pertanto, la commissione ha invitato tutti gli Stati parti a tali strumenti a perseguire o estradare le persone trovate nel loro territorio sospettate di questi crimini.
Un altro aspetto interessante è che questo è il primo dei rapporti della Commissione a indicare esplicitamente l’industria petrolifera come un dei principali “driver” del conflitto armato e fornisce indizi sul ruolo delle compagnie petrolifere nella prosecuzione del conflitto e nelle relative violazioni e abusi gravi dei diritti umani (par. 61 di HRC / 40/69).
La Commissione rileva un legame tra il conflitto e l’economia politica del Sud Sudan, dove, anche prima dell’indipendenza, erano state evidenziate preoccupazioni per l’appropriazione indebita delle risorse naturali, in particolare del petrolio. Le aree petrolifere del paese sono diventate sempre più militarizzate dalle forze governative che hanno ampliato il loro coinvolgimento nel settore petrolifero. Le operazioni della compagnia petrolifera di proprietà statale di Nilepet sono state caratterizzate da una totale mancanza di trasparenza e supervisione indipendente, presumibilmente dirottando le entrate petrolifere nelle casse di élite del governo. Inoltre, le entrate petrolifere e le entrate provenienti da altre risorse naturali come il disboscamento illegale di teak hanno continuato a finanziare il conflitto, consentendo la sua continuazione e le conseguenti violazioni dei diritti umani.
Secondo la Commissione, queste compagnie petrolifere hanno condotto affari in Sud Sudan, potenzialmente in complicità con la commissione di gravi violazioni dei diritti umani. A questo proposito la Commissione ha sostenuto che “[…] international companies operating in South Sudan should be well aware of the legacy of unaddressed human rights violations associated with oil explorations in the South” e ha invitato le società petrolifere a tenere conto di “[…] “human rights due diligence” by assessing the risks of human rights violations posed by their activities (either direct or indirect) and taking steps to address these risks, as well as publicizing these actions.”
Pierfrancesco Breccia
Dottore di ricerca in Diritto internazionale