Il caso Vincent Lambert : sei anni di battaglie giudiziarie sulla questione dell’interruzione della vita e il diritto di morire con dignità
ECHR Judgment, Lambert and Others v. France, June 5, 2015 (application no.46043/14); and Cour d’Appel de Paris, Arrêt du 20 mai 2019 (n° RG 19/08858).
Approfondimento 21/2019
Torniamo brevemente sui fatti. Settembre 2008, Vincent Lambert è vittima di un grave incidente automobilistico. Tetraplegico da quel momento, viene ricoverato in uno stato vegetativo. Nel giugno 2011, i medici dell’ospedale di Reims (dove tutt’oggi è ricoverato) concludono che si trova in uno “stato di coscienza minima”. Da un punto di vista medico, le persone in uno stato vegetativo possono aprire gli occhi, ma non possono né parlare né fare cose che richiedono una riflessione o un intenzione consapevole, e tanto meno sono consapevoli di se stessi o dell’ambiente in cui si trovano.
Cinque anni dopo l’incidente, durante i quali lo stato di salute di Vincent Lambert non ha mostrato segni di miglioramento, il team di medici interviene con un protocollo di interruzione del trattamento, in accordo con la moglie. Ciò comporta l’interruzione della dieta e l’idratazione del paziente durante la somministrazione di sedativi, in modo da soffrire il meno possibile. Ma i genitori di Vincent Lambert, cattolici tradizionalisti, si oppongono fermamente a ciò che considerano l’“omicidio di un disabile”. Nel 2013 inizia una lunga battaglia legale che distruggerà una famiglia e lascerà Vincent Lambert nel suo “stato di coscienza minima”. Dopo vari ricorsi dinanzi ai tribunali nazionali, il 5 giugno 2015 i genitori fanno appello alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che emette una sentenza sottolineando che la sospensione del trattamento non è contraria all’art.2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sul diritto alla vita. Questa sentenza rappresenta un precedente in ambito giurisprudenziale sull’interruzione assistita della vita. Infatti, la Corte lascia agli Stati un “margine di apprezzamento” per quanto riguarda una possibile regolamentazione sulla fine della vita. In seguito alla decisione della CEDU, l’ospedale ha iniziato una nuova procedura per interrompere il trattamento. Nonostante questo, i genitori hanno ritenuto fosse necessaria una nuova valutazione medica. Nel 2016, è promulgata in Francia la legge Léonetti-Claeys sull’interruzione assistita della vita. In particolare, la legge prevede il diritto di tutti ad una fine di vita dignitosa (art.1), stabilendo che la nutrizione e l’idratazione artificiale sono trattamenti che possono essere interrotti quando appaiono non necessari, sproporzionati o quando non hanno altro effetto che il semplice mantenimento artificiale della vita (art.2). Nello stesso anno, la moglie di Vincent Lambert è designata come suo rappresentante legale. Quest’ultima ha acconsentito ad interrompere il trattamento del marito. Tuttavia, i genitori di Vincent Lambert impugnano la decisione del giudice di tutela e il tribunale amministrativo afferma che i medici devono riprendere la procedura di consultazione degli esperti. Quindi, il caso Vincent Lambert sta chiaramente evidenziando una scappatoia nell’applicazione della legge Leonetti-Claeys. Non sarebbe necessario a questo punto rivedere la legislazione francese sulla fine della vita?
Nel 2017, un nuovo rapporto medico si conclude con uno “stato vegetativo irreversibile cronico” che non permette “un possibile accesso alla coscienza”. Il paziente è in uno stato di totale incapacità funzionale psicomotoria. Nel maggio 2019 inizia la cessazione del trattamento e della sedazione profonda e continua, dopo che il Consiglio di Stato ha emesso, in conformità con la legge precedentemente citata, la decisione di interrompere il trattamento. Tuttavia, i genitori hanno fatto appello al Comitato delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità (CRPD), che ha chiesto alla Francia di non sospendere le cure in attesa di un esame approfondito nel merito della questione. Anche se la Francia ha ratificato la Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità, entrata in vigore nel 2008, e il suo protocollo facoltativo, le autorità francesi hanno ritenuto che tali richieste “non fossero vincolanti” e hanno sottolineato che “rimettere in discussione la decisione di interrompere il trattamento con una nuova sospensione priverebbe il paziente del diritto a non subire irragionevoli accanimenti”.
Tuttavia, il 20 maggio 2019, la Corte d’Appello di Parigi ha dichiarato che, in deroga alle misure provvisorie richieste dal Comitato, lo Stato francese ha preso una decisione non suscettibile di essere ricondotta alle sue prerogative poiché mina l’esercizio di un diritto la cui privazione ha conseguenze irreversibili, in quanto si riferisce al diritto alla vita, che costituisce un attributo inalienabile della persona umana e costituisce il valore supremo nella scala dei diritti umani e delle libertà individuali. La Corte ha aggiunto che, in considerazione di questo stato di violazione di una libertà individuale, il “juge des référés” aveva il potere di costringere lo Stato francese ad attuare le misure provvisorie raccomandate dal Comitato nel maggio 2019. Il punto interessante da sollevare qui è il fatto che un tribunale interno può obbligare lo Stato ad applicare misure provvisorie non vincolanti prese da un comitato internazionale. Certamente la Francia deve rispettare i suoi obblighi internazionali, ma d’altro canto ha istituito una legge che consente il sostegno alla cessazione della vita per evitare ai pazienti sofferenze sproporzionate. Che si tratti di sofferenza fisica o morale. Oggi, Vincent Lambert è prigioniero di un corpo che non “appartiene più a lui”, senza alcuna possibilità di interagire con il mondo esterno, mentre era in buona salute fino al giorno della tragedia. Non sono la sofferenza fisica e morale sproporzionate per il paziente?
Il caso mostra tutti i limiti della legislazione francese e l’esitazione del giudice nell’applicazione della legge sulla fine della vita, e sul diritto a morire con dignità. Inoltre, evidenzia la complessità dell’applicazione delle decisioni prese da ordini giurisdizionali di diversi livelli. Infine, al di là degli aspetti medici e legali, la copertura mediatica attorno al caso e lo scontro tra i due rami della famiglia rende più difficile, purtroppo, la possibilità di trovare una soluzione adeguata per Vincent Lambert. Ma la battaglia giudizaria non finisce qui. Infatti, la moglie di Vincent Lambert, che ricordiamo è anche il suo tutore legale, avvierà un procedimento contro lo stato francese che ha deciso di riprendere le cure senza la sua preventiva consultazione.
Anne-Sophie Martin
Dottoressa di Ricerca in Diritto pubblico, comparato e internazionale
Cour d’Appel de Paris – Arrêt du 20 mai 2019 n.RG 19_08858.pdf
ECHR Grand Chamber Case of Lambert and Others v. France (application no.46043_14).pdf